La prima puntata di Sanremo 2012 era tutta focalizzata nella grande aspettativa che c’era sulla presenza di Adriano Celentano ma, il suo lungo monologo ha scatenato un polverone, al punto che attualmente il festival della canzone italiana è commissariato.
Una libertà che ha deflagato come una granata. La libertà bisogna saperla usare, perché agli artisti non è concesso tutto. “Morandi ha tentato il ruolo di mediatore che non voleva farsi travolger dalla sceneggiata di Celentano, afferma il direttore del Resto del Carlino, che oramai rappresenta il vecchio, un errore di partenza di questo festival. L’Italia non si rispecchia più in questo artista e quello che più da fastidio è pensare che siano stati dati dei soldi a qualcuno che dice di chiudere i giornali, chiudiamo Celentano piuttosto”!
Il dissenso è unanime, l’opinione pubblica non condivide la visione di Adriano che nel suo lungo monologo ha attaccato un po’ tutti. Attacchi alla Chiesa, ai giornali cattolici, alla Corte costituzionale per la bocciatura dei quesiti referendari sul porcellum. I giudizi di Adriano Celentano su due testate cattoliche nazionali da lui accusate di ipocrisia, di parlare di politica e non di Dio, sono stati la prova di un vuoto che è anche dentro di lui. Se l’è presa con i preti e che non parlano del Paradiso. E se l’è presa con Avvenire e Famiglia Cristiana che vanno chiusi.
Il day after è stato ricco di polemiche, provenienti un po’ da qualsiasi parte. In primo luogo le due testate prese di mira dall’ attore, ”Tutto questo, perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo (in Africa, in Asia, in Sud America) e farle funzionare per un anno intero. Dunque, andiamo chiusi anche noi”. Così il direttore dell’Avvenire, Marco Tarquinio, al telefono, replica alle parole di Celentano all’Ariston.
Celentano ha messo a punto uno spettacolo inquietante, corredato da un altrettanto inquietante monologo.
Celentano è il frutto di una stagione culturale dove l’opinion leader poteva dire quello che voleva, ora, il pubblico è cambiato, a fronte di una crisi che dona difficoltà reali non è più tempo di capitribù, è il momento di persone che hanno qualcosa da dire e pur riconoscendogli il merito di un passato artistico che merita la nostra gratitudine, sarebbe auspicabile che in quel contesto ci sia spazio per le canzoni e non per le prediche.