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La trama (con parole mie): Jamal Wallace, un sedicenne afroamericano cresciuto nel Bronx, ha due grandi talenti: il basket e la scrittura. Nella sua scuola e nel quartiere, però, nessuno è al corrente al di fuori della famiglia della passione segreta del ragazzo per autori e poeti fino a quando un test non lo porta all'attenzione degli scout di un prestigioso istituto privato che offre a Jamal una borsa di studio per completare il liceo in un ambiente esclusivo ed altolocato.Intanto il giovane aspirante scrittore conosce William Forrester, autore leggendario con all'attivo un solo romanzo diventato un cult assoluto quasi cinquant'anni prima che vive da recluso a poca distanza da lui: tra i due nascerà un'amicizia che porterà il primo a farsi le ossa e a porre le basi per il suo futuro sulla pagina e nella vita e al secondo una nuova occasione di mettersi in gioco.
Perchè non è mai troppo tardi per ricominciare, e non è mai troppo presto per buttarsi.
Gus Van Sant è tra i pochi registi figli del panorama statunitense a mostrare una doppia anima, all'interno della quale riescono a coesistere pacificamente autorialità sfrenata e necessità di dialogare con un pubblico d'ampio respiro: un esempio perfetto è la sua filmografia, all'interno della quale brillano perle come Elephant, Restless o Drugstore Cowboy ed emozionano lavori sinceri e pane e salame come Will Hunting, il recente Promised Land o questo Scoprendo Forrester, fino a poco tempo fa tra i pochi a mancare ancora all'appello della visione fordiana.
Proprio con Will Hunting - di tre anni precedente - questo film pare avere un legame profondo, inserendosi alla perfezione nello stesso discorso di formazione e rapporto tra i protagonisti simile a quello che intercorre tra un padre ed un figlio: costruito sulle ottime interpretazioni del sempre mitico Sean Connery e dell'allora esordiente Rob Brown e su uno script che ricorda i crescendo emotivi di titoli più che noti come L'attimo fuggente o Scent of a woman, Scoprendo Forrester gioca le sue carte migliori sull'attesa e il non detto, mostrando la costruzione di un legame e la spinta a confrontarsi con il mondo esterno senza mai alzare la voce - si potrebbe addirittura definire un approccio eastwoodiano, quello del regista di Portland in questo caso - e da due angolazioni differenti, quella del giovane e talentuoso allievo per la prima volta faccia a faccia con un mondo che non sia il suo quartiere - e all'interno del quale non debba celare la sua attitudine per la scrittura dietro quella per il basket - e del vecchio maestro ormai lontano dal mondo stesso e dalle sue dinamiche giudicate inutili e sciocche, poco meritevoli di un qualsiasi sforzo della sua penna e, soprattutto, di un cuore che nasconde già troppe cicatrici.
Le scelte di Van Sant, solo apparentemente conformi a quello che è un genere ormai consolidato e senza dubbio figlio del gusto da grande pubblico, conducono in realtà ad un risultato più vicino a quello delle pellicole indie, dosando alla perfezione la componente retorica - la rivalità con il professore frustrato interpretato da Murray Abraham, le competizioni sul parquet dei campi di pallacanestro e quella legata alla scrittura ed al concorso scolastico - e portando colpi decisamente ben riusciti - e per nulla consolatori - come il rapporto sentimentale non esploso tra Jamal e Claire, il ruolo positivo del fratello del ragazzo Terrell - interpretato dal rapper Busta Rhymes - e l'ottimo finale, reso famoso ai tempi dell'uscita dalla ormai mitica versione di Over the rainbow cantata da Israel Kamakawiwo'ole, che rese la colonna sonora del film un disco da classifica.
Una di quelle pellicole da godersi a fondo e con lo stomaco, proprio come il vecchio Forrester consiglia di fare a Jamal rispetto alla scrittura: "La prima stesura è di getto, con il cuore, la seconda con la testa", afferma infatti il burbero romanziere, che regala perle come la sua opinione a proposito dei reading - "Servono solo per trovare da scopare" - e pone lo spettatore di fronte alla questione legata all'importanza di un'opera artistica e del suo ruolo.
Dove, infatti, l'autore oltrepassa il confine che distingue la necessità di creare qualcosa per se stessi dal bisogno di comunicare con gli altri? Ed esiste davvero, questo confine?
Personalmente - e da supposto scribacchino -, penso che le due cose non esistano singolarmente: di solito, quando uno scrittore afferma di buttare energie e sentimenti sulla carta solo ed esclusivamente per se stesso è troppo scarso, vigliacco o falsamente modesto per affermare che, al contrario, l'arte in genere nasce come un linguaggio, e da buoni - o cattivi - animali sociali quali siamo il bisogno quasi fisico di esternare anche le più basilari e selvagge emozioni raggiungendo quante più persone possibili è paragonabile ad un istinto innato.
In questo senso trova una dimensione l'educazione che i due protagonisti regalano l'uno all'altro, in modo che il mondo non sia più un luogo soltanto da combattere - come per Jamal - o da cui scappare - come per William -: e se un insegnante frustrato può essere "utile come estremamente dannoso" per i suoi studenti, pellicole come questa mostrano il lato migliore e più importante dell'insegnamento stesso, di fatto un'eredità che ogni professore, maestro, mentore o genitore lascia a chi viene dopo di lui, e che dovrebbe sempre girare attorno alla questione secondo la quale l'allievo ha il diritto ed il dovere di superare il maestro. Sempre.
Peccato che di norma, a scuola e fuori, esempi di questo genere siano rari, e che l'ego - o la rivalsa - prendano troppo spesso il sopravvento sul vero valore dell'insegnamento: quello dato dalle possibilità passate come un testimone alle generazioni oltre la nostra.
Il testimone che è il romanzo di William, quello giunto cinquant'anni dopo il titolo che lo rese leggenda.
Il romanzo nato nel momento in cui Jamal, per scommessa con gli amici del campetto, decide di entrare di soppiatto in casa dell'anziano autore.
Il romanzo che solo il ragazzo potrà portare a termine.
Quello della vita, che passa da una penna, e da una mano all'altra.
E non ha bisogno di fermarsi dalle parti di chi è troppo scarso, vigliacco o falsamente modesto.
Perchè è meglio "sbagliare", che sbagliare.
MrFord
"Somewhere over the rainbow
way up high
and the dreams that you dream of
once in a lullaby
Somewhere over the rainbow
bluebirds fly
and the dreams that you dream of
dreams really do come true."Israel Kamakawiwo'ole - "Over the rainbow" -
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