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Scoprendo Forrester (2000, tit. or. Finding Forrester) di Gus van Sant è un film che va in molte direzioni: c'è un'importante trama sociale, una precisa idea della scuola e anche un preciso schema narrativo sull'amicizia e sul rapporto tra adulti e giovani. Ciascuno di questi spunti, nella sceneggiatura di Mike Rich, ha una sua precisa consistenza e non si può dire che l'idea sia superficiale o che generico ne sia il suo sviluppo. Quello che mi sembra, semmai, è che l'incontro non funzioni come ci si sarebbe aspettato e ciascun filo prosegue per conto suo, intrecciando sporadicamente gli altri in un tessuto smagliato. La ricaduta immediata di quest'assenza di sintesi la si osserva in una narrativa a episodi tagliati quasi male, una struttura che fa ricorso a molti più luoghi comuni di quanto ci si aspetterebbe: il film procede per accenni o per schemi precostruiti, provando a delineare storie parallele, personaggi sullo sfondo, ma lasciando molti spunti mozzi. A emergere nella folla di personaggi, che si definiscono quasi come ruoli narrativi o si dimenticano subito, sono solo i due protagonisti (Rob Brown e Sean Connery) e allo spettatore tocca il compito gravoso di tirare le fila dei temi affrontati, magari approfondendo o continuando a percorrere la sua strada da qui al prossimo stimolo.
È doveroso segnalare che il film funziona benissimo sul piano del ritmo, al punto che le oltre due ore quasi non si sentono e scorrono via gradevoli. A emergere, in particolare, è l'insieme di radici dei personaggi nella realtà: nell'evitare un'opposizione di piani, un uso accortissimo del fuoco contestualizza i personaggi nel loro vissuto quotidiano, per quanto artefatto ciò possa sembrare; e certo non ci possono essere dubbi sull'impegno che spinge Gus van Sant in questa ricerca realistica sul tessuto sociale newyorkese. Però le considerazioni che si possono fare sulla società non sono così promettenti. La scuola ne emerge come il consueto palcoscenico dove si mette in scena il proprio ruolo o le possibilità "innate" (nel caso di Jamal la sua abilità da fuoriclasse nel basket che gli apre molte porte, quanto all'amica Claire, Anna Paquin, la sua ricchezza e la posizione di potere che ricopre il padre, nel caso del prof. Crawford, F. Murray Abraham, la frustrazione prima come scrittore, poi come docente guida al liceo). E anche il discorso che filtra su un canone letterario (quand'è che un romanzo emerge tra gli altri?) rimane un'idea: lo si ravvisa, direi, solo se si conosce il bisogno di narrazione che gli U.S.A. tradiscono nell'ossessione per il "grande romanzo americano", che forse ha pari solo nel bisogno di uno statuto lirico in Europa tra Sette e Ottocento. Qui però rimaniamo sulla prosa e manca l'interesse tecnico per la letteratura al quale la cultura anglofona tiene moltissimo (basti pensare a un film come Vero come la finzione per apprezzare questo aspetto). L'idea è che il rapporto amicale, o genitoriale adottivo, tra Forrester e Jamal finisce con il prevalere tutti gli altri aspetti, riducendo il resto a una catena di sterili e irritanti cliché.
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