26 maggio 2014 Lascia un commento
Scott Gibbons, compositore elettroacustico, americano classe 1969, presenta in anteprima "Unheard", un progetto dalle forti connotazioni tecniche e concettuali.
Si tratta infatti della rielaborazione di suoni ottenuti attraverso un potente registratore "molecolare", apparecchiatura sviluppata dalla facolta’ di fisica di Glasgow in grado di raccogliere suoni dal microcosmo, rumori che se non proprio a livello atomico, di certo provengono da domini fisici impossibili da ascoltare se non attraverso sofisticatissimi microfoni e software dedicato per la sintesi del suoni.
Gibbons ha raccolto questi suoni e rielaborati come ci si aspetterebbe da un artista elettroacustico, in una produzione di echi, riverberi, glitch provenienti dal fondo della materia e rumori come solo la natura sa creare.
Nel progetto s’inserisce Romeo Castellucci, regista e videoartista che mette in scena la migliore traduzione teatrale possibile. Attraverso una feritoia nel nero di sfondo, emergono immagini da inferno dantesco, suggestioni transitate per Bosch e giunte ad un immaginario riconducibile all’Hellraiser di Barker.
Frequenze remote che evidentemente ben si sposano ad un temibile lontano e profondo dimensionale nel quale ombre e corpi si muovono irrequiete e dannate. Senza dubbio efficace e ottimamente realizzato, merito anche della brava Laura Pante la cui bellezza rafforza il contrasto con le suggestioni terribili che Castellucci vuole ricreare.
Tutto molto bello ma Gibbons, proprio lui, non mi ha convinto.
Da molti anni mi diletto nella sperimentazione sonora, nello studio delle frequenze e nella ricerca di suoni estratti dalla profondita’ della materia. Trovare in Gibson un sodale che con ben altri e piu’ evoluti mezzi di quelli a mia disposizione raggiunge risultati che posso solo immaginare, mi ha elettrizzato ed entusiasmato prima ancora di ascoltare una sola nota ma che alla resa dei conti, non e’ bastato. L’elettroacustica, certa sperimentazione ambient, il glitch e ancor piu’ il noise, hanno una fortissima valenza performativa. Consci che oggigiorno ogni sfumatura di suono e’ ottenibile da chiunque si dedichi allo studio anche di pochi tra gli infiniti strumenti hardware e software a disposizione, e’ facile comprendere come sia necessario da parte di chi ascolta e vuole comprendere la genesi di un brano, anche vedere, osservare l’artista e la sua strumentazione perche’ cio’ che separa la performance dalla registrazione, e’ il senso del tempo e delle frequenze, lo scatto fulmineo verso quel controllo che trasforma una forma d’onda in un sublime afflato elettronico. Finanche la luce riflessa di un monitor aiuta ad apprezzare e il gesto della mano in corrispondenza di un riverbero, puo’ rivelare l’arte di chi lo esegue, percio’ vedere di Gibson soltanto il capo mentre il resto della strumentazione resta nascosta dentro un’impalcatura nera funzionale alla performance ma non al suono, e’ un peccato mortale sul quale non posso soprassedere.
Capisco che il pubblico al quale lo spettacolo e’ rivolto, non sia come accade di solito, composto da disagiati introiettati nei propri suoni come mi onoro seppure marginalmente di appartenere ma per paradosso proprio coloro che posseggono almeno in parte gli strumenti per godere appieno della performance, sono i primi ad esserne esclusi. Volevo imparare, trovare se vogliamo, anche una conferma e una applicazione di una ricerca in cui credo ma cio’ che ho ascoltato, per quanto affascinante, ha soltanto valenza estetica, dark ambient come tanti altri e non mi basta.
Che dire, posso solo sperare a questo punto di avere l’occasione d’imbattermi in una nuova esibizione o in piu’ dettagliati riscontri della strumentazione e della tecnica di Gibbons, artista che in molte altre occasioni ha saputo mostrare le sue doti di ottimo musicista.
Pagina ufficiale progetto Unheard
Scott Gibbons su Angelica
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