Edimburgo – Mark Dodson, il chief executive della SRU, ieri ha rilasciato un’intervista al canale televisivo scozzese STV in cui parla a tutto campo.
Ma la prima cosa che Dodson ha voluto precisare, dopo un autunno e un inverno dolciastri, con due soli successi in otto partite disputate tra test match e 6 Nations – in cui si registra la più pesante sconfitta della storia nel Championship (a Cardiff contro il Galles) e la Calcutta Cup chiusa senza nemmeno un punto marcato contro l’Auld Enemy, cosa che non accadeva da 36 anni – è la posizione di Scott Johnson.
Jonno lascerà l’incarico di interim head coach, ricevuto dopo le dimissioni di Andy Robinson nell’autunno 2012, a giugno, quando arriverà alla guida della Scozia il neozelandese Vern Cotter, e diventerà Director of Rugby della nazione del cardo, ruolo creato appositamente per lui.
Questo passaggio di ruolo è visto come una promozione, ed è per questo inconcepibile ai più, dopo la disastrosa gestione della nazionale, che ha portato solo cinque vittorie in sedici incontri. “Voglio essere molto chiaro su questo aspetto“, ha detto Dodson. “Scott Johnson è stato designato DoR molto prima dell’ultimo 6 Nations, prima che Vern Cotter fosse scelto come nuovo head coach. Cotter ci ha chiesto di finire la sua avventura a Clermont alla scadenza del suo contratto – il prossimo giugno – e Scott è rimasto alla guida della nazionale come interim, ma il suo nuovo ruolo non è una promozione, perché il lavoro ce l’aveva già“.
Dodson vuole sgombrare il campo da polemiche, anche aspre, che sono nate nel corso del 6 Nations, a seguito delle deludenti prestazioni, e spezza un’altra lancia in favore dell’australiano. “Durante il periodo del suo interim, Scott ha convocato 17 uncapped, in modo da avere a disposizione ora nuovi giocatori con esperienza internazionale, e ha fatto il lavoro che gli abbiamo chiesto di fare, di cui siamo pienamente soddisfatti. I risultati in campo sono un altro discorso, non siamo contenti e non possiamo esserlo, la prestazione nella Calcutta Cup è semplicemente inaccettabile ma questa analisi è condivisa dallo staff tecnico e dai giocatori“.
“Scott tornerà ad occuparsi della sviluppo del nostro rugby, dello sviluppo dei nostri giocatori e della scoperta di nuovi talenti, che è la sua specialità“.
“Siamo contenti che i tifosi ci abbiano criticato, perché avevano tutte le ragioni per farlo e perché, così facendo, ci hanno dimostrato di essere attaccati e interessati allo sviluppo del nostro rugby. L’indifferenza di fronte a certe prestazioni sarebbe stata più preoccupante. Adesso, però, sappiamo che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta, abbiamo analizzato le nostre performance in modo da non ripetere gli stessi errori“.
“L’arrivo di Vern Cotter, con la base di giocatori che abbiamo, è confortante e siamo ancora convinti che nella prossima Coppa del Mondo potremo dire la nostra“.
Dopo le deludenti prestazioni della nazionale, si è tornato a parlare della necessità di creare almeno una nuova squadra ‘pro’, se non due (Nord e Borders sono le zone un po’ da tutti designate per ospitare le nuove franchigie) in modo da dare spazio ad un numero più ampio di giocatori scozzesi di mettersi alla prova ad alti livelli e, di conseguenza, fornire elementi più preparati alla Scozia.
Le ultime voci danno il chief della Aberdeen Asset Management, sponsor di Edinburgh fino alla scorsa stagione, Martin Gilbert, pronto a sostenere anche economicamente la nascita di una terza squadra con sede nella Granite City (come viene chiamata Aberdeen).
“Noi siamo aperti e disponibili al dialogo con chiunque sia pronto ad investire trentacinque milioni di sterline per gestire una squadra pro per i prossimi cinque anni. Stiamo ancora pagando il costo del passaggio del rugby al professionismo, che abbiamo faticato ad affrontare, e i problemi recenti sono ancora causa del passato“.
Il piano della SRU prevede l’avvio di quattro nuove accademie, con molti più allenatori a disposizione dei giocatori e più spazio ai giovani. La nascita di una nuova franchigia, stando alle parole di Dodson, non sembra fare parte di questo progetto, anche perché, nel nuovo scacchiere del rugby europeo, sarebbe difficile trovare spazio per un’altra squadra.
E’ innegabile, però, che un nuovo club darebbe decisamente più spazio ai giocatori scozzesi, con almeno altri ventitré uomini impegnati ogni settimana in gare di livello superiore tra cui l’head coach della nazionale avrebbe una gamma più ampia di scelta.