Segni particolari: mi vedo sempre grassa, anche se, quando capita di fermarmi davanti a una vetrina, mi dico che tutto sommato sono proporzionata e quindi sto facendomi problemi che non ci sono Nemici: tutti quelli (uomini in particolare, ma non solo) che, in maniera velata o meno, mi hanno discriminata per il mio aspetto fisico senza avere mai avuto il coraggio di dirlo in faccia, trincerandosi dietro il silenzio o “scaricandomi” con varie scuse (anche per sms) Amici: tutti coloro, anche se pochi, che mi fanno sentire bene nella mia pelle, che riescono a guardare Cristina e cosa sia davvero e che asseriscono che sia troppo critica con me stessa Forma: clessidra alta cm 160, con seno e fianchi abbondanti Odio: il mio seno (troppo) abbondante, ereditato da mia nonna, che mi fa camminare un po’ in avanti e mi provoca spesso mal di schiena (anche se sono in cura da un chiropratico) e che, se fosse più piccolo, forse regalerebbe più proporzione e grazia al mio corpo; i fianchi non proprio stretti, ereditati da mia madre, unitamente alle ciglia rade; la “pancetta”, che ho sempre avuto e che credo derivi dalla colite e gastrite, ma forse anche da qualche intolleranza o dalla curvatura della schiena;
per il motivo di cui sopra gli occhi piccoli,ereditati da mio padre, e il fatto di non poter mettere le lenti a contatto perché gli occhi “si commuovono” Amo: la mia pelle delicata e diafana, anche se devo dedicarle tutta l’attenzione possibile, specialmente in estate e talvolta devo lasciare in pace, perché le cure che le do sono troppe; la lettura, la musica e, da poco, la cosmesi ecobio; Amerei: Essere alta cm 165, con un seno misura terza (il che, quasi sicuramente, mi renderebbe più proporzionata e, per effetto ottico, più magra), avere la pancia piatta e i fianchi stretti o comunque non larghi come li ho adesso.
“La mia vittoria più grande è stata quella di essere capace di convivere con me stessa, di accettare i miei difetti... Sono molto lontana dall'essere umano che vorrei essere. Ma ho deciso che non sono tanto male, dopo tutto (Audrey Hepburn)”.
Se mi si chiedesse quale sia il mantra che più mi rappresenta, di sicuro sarebbe quello appena citato e formulato da una delle icone più chic mai esistite che, guarda caso, adoro, Audrey Hepburn. Non avrei mai detto che una donna di tale grazia e fascino rincorresse un canone di bellezza o desiderasse essere diversa da quella che era, ma ciò mi induce a pensare che per un motivo o un altro, anche lei a suo tempo si sia sentita inadeguata nell'involucro che la ospitava.
naphtalyne
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Per me è stato, e per certi versi è ancora, esattamente così: non amo le forme del mio corpo, troppo sporgenti per quel che mi riguarda e ancor più i difetti che ho elencato sopra. Ma c’è di buono che il mio cervello viaggia a giorni alterni, per cui talvolta presto loro davvero tanta, forse troppa, attenzione e talvolta invece ci passo su, perché occupata dal fare o pensare ad altre cose, come il mio lavoro di traduttrice quando c’è, o la mia passione nata da poco per la cosmesi ecobio, o perché effettivamente l’immagine che rimanda lo specchio risulta essere migliore di quanto io stessa non pensi.
piccsy
Dovendo descrivere il mio corpo e quello che ha rappresentato per me nel corso della vita, potrei sicuramente dire che tutto è iniziato a seguito dell’infausto incontro con una persona di sesso maschile , la quale ha creato una sorta di “linea di demarcazione” tra il “prima di Y” e il “dopo Y”. Non è stato semplice scrivere di lui, sia perché la rabbia che provo ancora nei suoi confronti è molta, sia perché le cose da dire sarebbero tantissime e spesso “non da fascia protetta” poiché lui stava con me solo per dar sfogo alle sue pulsioni sessuali, mentre io ne ero follemente innamorata. Tuttavia, mi auguro che il mettere “nero su bianco” tutto il possibile possa aiutare qualcuna che sta attraversando o ha attraversato un periodo simile a comprendere di non essere sola. Poco importa se la storia possa risultare stucchevole o peggio: quello che sto per raccontarvi è drammaticamente vero.
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Prima di Y, c’era la Cristina che andava al liceo, che odiava le compagne di classe che la sbeffeggiavano perché “secchiona”, ma non se ne curava per nulla, che sapeva di non essere ancora quello che desiderava fisicamente, nonostante una dieta ferrea a cui si era sottoposta durante i primi anni del liceo, perché “obesa” (per i canoni del tempo; oggi, vedendo quali siano i veri obesi, avrei detto “in carne”) e che le aveva consentito di perdere ben 10 kg in 6 mesi. Vedendo le mie compagne di classe, per buona parte più magre della sottoscritta e anche più fortunate a livello sentimentale, lo sconforto iniziale aveva lasciato il posto alla convinzione, suffragata dalla fortuna di aver potuto viaggiare e conoscere gente di vedute molto più aperte, che avrei dovuto lavorare su me stessa e “coltivare il mio cervello” affinché un giorno mi si guardasse per ciò che ero davvero e non solo per l’involucro esterno, che purtroppo era quello che era ma che, avrei capito più tardi, si sarebbe modificato più gradatamente. E’ stato molto difficile in quegli anni accettare di crescere, o meglio “trasformarmi”, più lentamente delle mie coetanee, sentirmi sempre “il brutto anatroccolo” della situazione, celando continuamente ogni mio sentimento se mi piaceva un ragazzo (magari interessato a qualche altra ragazza dell’istituto, più snella e piacente di me) per paura di essere presa in giro non solo dai compagni, ma anche (e forse più) dalle compagne. Solo il tempo, avrei capito anni dopo, avrebbe lavorato per me, dandomi delle risposte quando meno ci avrei pensato.
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L’avvento del nuovo millennio vide l’avanzare di internet, la stesura delle mie tesi di traduzione e l’incontro con lui, Y. Come era costume in quel periodo, si sperimentava l’uso della rete mediante le famose chat e fu così che, un pomeriggio, conobbi in rete Y, che avrei saputo dopo essere della mia città e che propose un incontro di persona il 3 gennaio in centro, davanti al Mc Donald. Il mio cuore iniziò a battere quando lo scorsi da lontano tra la folla, in quel freddissimo pomeriggio di gennaio: la sintesi perfetta tra il cantante Raf e l’attore americano Eric Balfour. Non è quindi bellissimo, ma dotato di un fascino carismatico, che annulla tutti i canoni estetici esistenti o almeno, nel mio caso fu così. Insomma, si era appena verificato quello che credevo potesse accadere solo nei libri o in televisione: un colpo di fulmine, uno di quelli che ti scuotono dentro, ti sconquassano tutta e che capitano una sola volta nella vita. Ma, ahimè, il colpo di fulmine era stato a senso unico e a farne le spese sarebbero stati i miei poveri nervi e, ancora di più, la mia autostima. Y si presentava al mondo come un brillante studente di Legge presso la facoltà locale, figlio unico viziato e vezzeggiato, con delle idee apparentemente chiare su ciò che desiderava, donne incluse. Secondo lui, una donna doveva essere perfetta: niente trucco fuori posto, men che meno i capelli ed essere sempre al passo con la moda. Dicendolo, “scansionava” ogni centimetro del mio corpo, facendomi sentire grassa e brutta, inadeguata insomma. Mi chiedeva come mai non portassi mai una gonna, rispondevo che era per motivi di praticità e che non m’importava se nessuno mi guardasse, o le “lenti a contatto”, inutile spiegare che l’oculista le aveva vietate. Insomma, gli occhiali non andavano bene, i pantaloni non andavano bene, i fianchi erano troppo larghi; tutto sembrava non andar bene, tranne forse una cosa: il mio seno taglia XL, il quale sortiva su di lui un certo effetto, malcelato peraltro. Cominciai a pensare che non mi degnasse di uno sguardo perché troppo grassa e così, nei 3 anni che seguirono, iniziai a mangiare sempre meno perdendo altri 10 kg in fase di stesura delle tesi, ed essere perennemente tormentata, anche alla temperatura di 40 gradi in estate, da un freddo interno spaventoso che non riuscivo a calmare in alcun modo, o meglio senza di lui. Sarebbe bastata una carezza o un abbraccio sinceri senza “secondi fini”, un complimento e quel freddo avrebbe lasciato spazio a un cuore pieno di calore umano, ma m’illudevo. Y aveva trovato in me il bersaglio ideale per sfogare le sue insicurezze e frustrazioni e non perdeva occasione per fare i commenti più disparati, persino in merito al quartiere in cui vivevo e vivo ancora, troppo periferico per uno come lui che viveva a ridosso del centro cittadino. A quel tempo pesavo 52.5 kg/ 53 per 160 cm: ero davvero magra, con le ossa dei fianchi che sporgevano e quasi tutti i capi che avevo mi stavano larghi, ma mi vedevo sempre troppo grassa e mi dicevo che avrei dovuto mangiare meno, così lui mi avrebbe notata e apprezzata. La mia famiglia aveva notato l’andamento delle cose e persino mio padre, persona molto pragmatica e discreta, un giorno a tavola espresse la sua preoccupazione circa il fatto che potessi diventare anoressica. Oltretutto, nel frattempo, finito il ciclo di studi, avevo anche iniziato a lavorare e, al tempo stesso, essere oggetto di mobbing da parte della persona con cui dividevo la stanza, che non vedeva l’ora di sbattermi fuori di lì. E’ stato davvero un periodo stressantissimo per me: mi sentivo solissima, senza neppure un’amica a cui confidare il mio dolore per Y, e lui, pur sapendolo, non voleva sentire i miei problemi, anzi, diceva che qualsiasi cosa mi fosse successa e che in qualche modo lo avesse riguardato, avrei potuto pensarci da sola. Poco dopo, il verificarsi di un falso allarme gravidanza, con annesso spavento da parte di entrambi, fu il colpo di grazia. Y sparì del tutto e non rispose più né alle telefonate, né agli sms. Lo incrociai poi a giugno del 2003 per puro caso in centro con la bassina, magra e bionda fidanzata (che da qualche mese è sua moglie), lui che a me aveva sempre negato anche una passeggiata, dicendo che avrebbe incrociato i suoi.
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her white sunrise
In passato, ammetto di aver pensato di farla finita, perché la mia vita non aveva più senso dopo che lui stava con la fidanzata, ma non ho avuto il coraggio di farlo e così ho deciso di raccogliere i cocci (anche se nel frattempo il contratto di lavoro non mi era stato rinnovato ed ero tornata disoccupata), e andare avanti. Gli anni successivi e gli altri contratti di lavoro, mi hanno aiutata a capire che ero davvero una persona valida e le attestazioni di stima ricevute più volte ne erano la prova. Il mio corpo aveva riacquistato qualche altro chiletto anche se ero ancora magra perché facevo un lavoro in cui dovevo muovermi molto da un ufficio all'altro, ma andava bene così. Sentivo di valere qualcosa e di poter dare una spinta per la mia crescita interiore e soprattutto porre le basi per costruirmi un futuro, indipendentemente dall'avere accanto qualcuno. Fu proprio in quel periodo in cui Y tornò alla carica, chiedendomi di vederci e io gli dissi che poteva venire a trovarmi nel mio ufficio. Credo che in quel periodo fosse in crisi con la fidanzata, e ancora mi chiedo perché abbia espresso il desiderio di avere delle mie foto. Pensava di trovare una bambina spaurita e frignona, ma non gli diedi questa soddisfazione, a dispetto del mio cuore che stava per scoppiare. La mail che mi scrisse la sera stessa diceva che era contento di avermi rivista, che sapeva ciò che voleva e ne era contento, che i capelli corti mi stavano bene (avete letto bene: era un complimento) e che gli aveva fatto piacere incontrarmi. Y sparì nuovamente e io andai avanti per la mia strada, incontrando altre persone, alcune valide, altre molto meno, fin quando, in un pomeriggio di novembre del 2007, scrisse un’altra e-mail in cui mi chiese perdono per come mi aveva trattata, e del fatto che, udite udite, non avessi nulla che non andasse. Accennò alla crisi con la fidanzata, di quanto avesse pianto per lei (non ho mai creduto che un essere come lui fosse in grado di piangere), di aver capito che lei era la donna della sua vita, che non l’avrebbe mai tradita e che non potevo più avanzare nulla, perché al cuore non si comanda e che era felice che l’avessi perdonato. Non gli ho mai scritto né detto di averlo perdonato, aveva fatto tutto da solo.
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L’aver saputo casualmente del matrimonio quest’estate è l’ultimo pezzo di questo puzzle davvero ingarbugliato che ho cercato di sintetizzare. Oggi peso 60 kg e qualcosina in più, ho i capelli non più cortissimi ma con un carré, e noto che il mio viso e i lineamenti siano migliorati rispetto a com'erano in quegli anni, anche se mi porto dietro la mia pancetta come compagnia stabile. Vi sono giorni in cui evito di specchiarmi e altri in cui mi dico “Non male, davvero” e anche quando mi reco in un negozio e guardo la mia figura riflessa nella vetrina, penso che in fondo sono una persona normale, con un seno XL e un po’ di mal di schiena, ma a parte questo, non mi vedo eccessivamente grassa (nei camerini però, le cose cambiano un bel po’, e non in positivo purtroppo; credo sia colpa degli specchi). Molti ex colleghi che mi capita di incrociare per strada, mi ricordano ancora come una persona sorridente gentile, sempre pronta a dare una mano in caso di necessità, e lì ho capito l’importanza di un sorriso, anche quando dentro sei davvero giù e così, anche se ormai capita sempre più raramente, mi sforzo di farlo, associandolo a un tono di voce sereno. Un’espressione usata dalle mie parti per indicare questo è: “Giunge prima il tuo sorriso e poi la tua figura”.
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Se vi state chiedendo cosa ne sia delle mie “care” compagne del liceo, mi duole dirlo, ma quando le rivedo, sembrano dimostrare anche 5 anni più della sottoscritta e si stupiscono nel constatare che il mio viso, a loro dire, sia rimasto quello di una ragazzina, quasi come se il tempo si fosse fermato. Non nutro alcun trasporto verso di loro anzi, se ci sono le condizioni, non esito a rispondere in modo chiaro e diretto, senza pormi più alcun problema nei loro confronti.
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La bellissima scoperta del blog di Anna mi ha aiutata a capire che non esiste un unico canone di donna a cui fare riferimento, nonostante le catene di marchi low cost e non, sembrano proporre proprio quello, Ora l’inadeguatezza dei primi tempi, che mi faceva uscire sempre a mani vuote o al massimo con una borsa, ha lasciato il posto a un paio di sane risate, cosa impensabile prima. Vi dirò di più: l’interno di questi negozi (Zara in testa), sarebbe la passerella ideale per tutte quelle come me che vorrebbero cimentarsi a fare la “top – tap- trip model” per un giorno, io l’ho già sperimentato dopo aver scovato un cappello nero elegantissimo, stile Audrey Hepburn e non ho resistito a pavoneggiarmi. Meglio ancora: semmai ce ne fosse l’occasione, vorrei propormi come “figurante” per un outfit dedicato alle clessidre formose come me, che dimostrasse che la moda non è fatta da donne grissino, ma da donne vere e normali, quelle che incontri tutti i giorni al lavoro o a fare la spesa. Chissà che un giorno non possa farlo davvero.
naked body care