Ha destato scalpore in Gran Bretagna la scoperta che tre scrittori, tra cui l’autore di thriller R.J. Ellory, avevano postato sul sito di Amazon in forma anonima delle critiche positive ai propri libri e delle stroncature a quelli dei rivali.
A seguito di questo, 49 importanti scrittori hanno firmato una lettera aperta in cui condannano tale pratica dichiarandosi indignati per quel crimine “fraudolento e dannoso”. Nella lettera si afferma anche che, poiché ormai si acquista online un numero sempre crescente di libri, le raccomandazioni dei lettori assumono un peso rilevante e che “la salute di questo ecosistema dipende da conversazioni libere e oneste tra lettori sinceri”.
Non è la prima volta che accade qualcosa di simile. Due anni fa la reputazione dello storico Orlando Figes andò in pezzi dopo che un autore rivale, stroncato dal lui sempre in modo anonimo su Amazon, lo smascherò denunciando anche le appassionate recensioni che lui stesso scrisse dei propri libri.
Il dibattito si è poi scatenato. Tra le varie posizioni emerse, trovo provocatoria ma stimolante quella di Muriel Gray, giornalista di The Guardian, la quale osserva che non c’è proprio tanta differenza tra l’autoincensamento sotto mentite spoglie e la pubblicità che gli scrittori sono costretti a fare: o esposti come bestiame in fiere letterarie, o sistemati dietro tavoli e cavalletti a firmare copie in librerie di provincia a clienti indifferenti, o intervistati da giornali gratuiti o da riviste distribuite sugli aerei. La giornalista si chiede se nessuno dei 49 scrittori firmatari abbia mai visto i propri libri caldeggiati da commenti di amici e parenti con o senza la loro autorizzazione.
E conclude con una proposta. I contratti degli scrittori dovrebbero d’ora in poi contenere una clausola che li costringa a postare almeno una recensione anonima delle proprie opere e che preveda un aumento dei diritti d’autore se nessuno se ne accorge nell’arco di sei mesi. Sarebbe una sfida di stile per gli scrittori e un nuovo gioco per i lettori che devono riuscire a scoprirli.
Voi che ne pensate? Io il massimo che sono riuscita a fare per i miei libri, anche con un po’ di batticuore per il timore di essere colta in flagrante, è stato estrarli dagli scaffali dove i librai li avevano infilati e metterli in mostra con la copertina bene in vista.