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Scrittori e lettori al tempo della Rete

Creato il 14 aprile 2010 da Pinomario

Qualcuno dice che oggi si legge poco (soprattutto noi italiani!), qualche altro paventa che il diffondersi dell’utilizzo della rete avvenga in concorrenza con la lettura e a scapito dei libri! ma è proprio vero? O forse saremo costretti a sperare dalla rete  una maggiore diffusione della lettura? Forse qualcuno – e non solo i ragazzi! – sarà invogliato e… costretto a leggere proprio dall’utilizzo della rete! Forse la rete è e potrebbe essere un efficace strumento per insegnare a…leggere e scrivere anche ad analfabeti…di fatto, o di…ritorno!E allora non sarebbe bene evitare di assumere quell’atteggiamento da … noiosi “tutori”, impauriti da tutto, i quali sembrano cercare sempre, in ogni nuova tecnologia, come in ogni novità, solo i pericoli! Io credo che  la rete sia uno straordinario esercizio e addestramento alla lettura e alla scrittura, direi anche alla creazione della scrittura o alla scrittura “creativa”! Pensiamo solo, per esempio, al fenomeno dei social network o allo sterminato numero di blog! Forse  questo è proprio  il tempo in cui possiamo capire meglio – proprio perché questo “capire” è qualcosa che “avviene” come fenomeno di massa e quindi come produzione “collettiva” – il “senso” dello scrivere! Il legame che lo scrivere ha con la vita umana di ogni singolo e con i suoi bisogni! Forse potremo comprendere meglio anche i bisogni stessi! Questa scrittura “creativa” di massa può forse aiutare a superare il gap che sembra essere esistito sempre tra “scrittori” e meri “lettori”. Tra professionisti della scrittura e fruitori o consumatori di qualcosa visto solo come prodotto di altri, come qualcosa che in fondo non appartiene alla vita di ognuno. E se non fosse così? se lo scrivere fosse il vivere? Come sembrano pensare e lasciar capire, talora, alcuni grandi scrittori e poeti? E se la rete ci consentisse di entrare – in punta di piedi e con molta circospezione - in questa profonda e misteriosa dimensione umana?Per  tentare di rispondere a queste domande vorrei coinvolgere anche “scrittori” e – in attesa di altri contributi - cominciare con l’offrire, ai lettori di questo blog, la risposta che una amica scrittrice - Tiziana Verde – non appartenente – ancora - all’industria culturale, anche se molto apprezzata e con all’attivo intricanti e raffinati racconti (L’ordine del vento, Filema edizioni, Napoli; Il testamento di Marlon Brando, Incontri editrice, Sassuolo(Mo); Il fazzoletto rosso, Il filo editore, Roma), - ha dato alle seguenti mie provocazioni: ma tu perché scrivi? Che senso dà il tuo scrivere alla tua vita? Lo scrivere potrebbe essere anche una forma di vita, una metafora, una modalità del nostro vivere? Un modo per “inventare” la vita? La scrittura e il raccontare come un “fare” la vita?Ecco la risposta.
“Penso che scrivere o è un rito o non è niente; o è questo scavo ostinato che di ogni frammento  svela   l’orizzonte disumano e lo sostiene … o è un  rumore soltanto. O è trovare parole che si siano liberate dall’uso di migliaia di pronunce, per darsi giovani, inaudite… o è la solita retorica.In questo senso è difficile. A volte, giovani, s’afferrano verità, ma manca la disciplina a consegnarsi in balia delle parole e a volte pur disponendo di molti versi, i sensi sono come chiusi e non apprezzano tutta la profondità di un’esperienza. In altri casi quelle parole non volano  o non scavano, hanno fragili radici e dopo non reggono… magari dicono  senza attendere che l’accadere si sia mutato in vita e può succedere, al contrario, che si siano tenute alla larga dal tumulto e suonino distanti, fredde…  che siano state  pronunciate in ritardo, senza dialogo, senza suoni di risposta… troppi Io, che non diventano un noi.Scrivere è sapere che passiamo ed è rivolta contro questo passare, poiché se qualcosa si compone, cerca assonanza e non si dissolve in corsa soltanto, soltanto in sabbia, se una parola  trattiene, minuziosa e perfetta, il profilo di una luce, di un giorno, di tutto quanto in quel giorno ci ha fatto così, scolpiti in lampi  senza cui non sarebbe valsa la pena vivere, e invece valeva, vivevamo...  il passato non sembra perso.Scrivere o è legare  la luce alle macerie e farne oro, fare magia dello sconcerto… o è banalità, la punizione che Dante immaginava per gli ipocriti: una cappa di piombo, tutta dorata all’esterno….!”


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