Digressioni letterarie -
Scrittori e libri nella vita reale.
Riflettevo, anzi ricordavo e, come spesso succede, un’immagine si congiunge ad un’altra, una parola ne richiama un’altra, un ricordo ne abbraccia un altro, in una sorta di gioco talvolta insopportabile, tal’altra inevitabile.
Questo periodo, maggio e giugno, sono mesi devastanti per il mio animo irrimediabilmente provato dal dolore e per la mia “coinquilina”: la figlia che c’è in me.
Mio padre, la sua voce, la sua mancanza, la sua immagine, il profumo del suo dopobarba, le sue smorfie, la sua lotta, i suoi sorrisi, la sua forza, il suo amore, la sua vita, sono una parte imprescindibile di me, che mi accompagna in tutti gli istanti e che mi consola nei momenti più tristi delle mie giornate, ma il cui pensiero non basta nei momenti più bui di quegli stessi giorni.
Quasi un anno fa la mia vita cambiava senza lasciare posto alla speranza e giorno dopo giorno, istante dopo istante, dovevo fare i conti con il mondo, con la mia famiglia, con la mia mamma, con me stessa, quando invece avrei voluto scappare e lasciarmi andare.
I ricordi di ogni singolo frangente riemergono con tutta la loro indomabile potenza e talvolta bisogna, senza scampo, fare i conti con ciò che portano con sé.
Ecco allora che le immagini e le parole si intersecano, strette all’irrazionalità che fa parte di ogni animo, intrecciando famiglia e amici, luoghi diversi, persone che non si conoscono tra loro, parole estranee che si sono susseguite in pochi minuti in una corsa contro il dolore, voci accavallate trasformate in ancore di salvezza.
Mi ritrovo così a pensare a quei giorni e a G.S., l’amico scrittore, ma prima ancora medico “del dolore”, l’unico da cui ho voluto ascoltare quella dura verità che già avevo intuito e forse sentito, ma che non ho mai voluto accettare. Solo da lui ho accettato il suono di alcune parole, il suono della fine, il rumore del vuoto, la mancanza di consolazione e di ogni speranza.
Durante le mie corse all’ospedale nella borsa avevo un suo libro, che avrebbe dovuto farmi compagnia nei momenti in cui io non potevo far compagnia al mio papà: La strega ed il condottiero è stato una presenza discreta nella mia borsa, che ho aperto, sfogliato e letto per conoscerne poche pagine, una decina, e che da allora, da un anno, non ho più riaperto.
Mi ritrovo così a pensare a quei giorni e a R.B., scrittore che non ho ancora conosciuto di persona, che avrei dovuto presentare proprio in quei giorni, durante un incontro in libreria, incontro che invece annullai per gli eventi che si stavano susseguendo. Quasi un anno è trascorso da allora e tra qualche giorno il nuovo romanzo di R.B. sarà nelle mani dei lettori, e nelle mie, ed arriverà il momento in cui ci conosceremo di persona.
Mi ritrovo così a pensare a quei giorni e a G.B., scrittore e grande amico, la persona che nei giorni del dolore mi scriveva lettere bellissime che conserverò nel baule dei ricordi per tutta la vita e sulla cui spalla enorme e rassicurante ho trovato il calore dell’amicizia sincera e leale, la sua e della sua splendida moglie. Anche la sua ultima fatica letteraria sarà in uscita nei prossimi mesi ed io avrò la fortuna di poterla leggere in anteprima.
Mi ritrovo così a pensare a quei giorni e a B.G., scrittrice ironica e solare, dal fare scanzonato ed appassonato, nonostante gli immensi dolori che la vita le ha già riservato, che dal primo momento in cui ho avuto la fortuna di conoscerla ho capito che qualcosa di inspiegabile mi legava a lei.
Lei è stata l’ultima scrittrice che ho incontrato ed ascoltato prima della tragedia, in un pomeriggio in cui la mia voglia di darle attenzione e premure faceva a pugni con la preoccupazione che il destino, racchiuso in una telefonata, squillasse impietoso.
Ricordo di aver voluto sentire lei nel momento di più immenso dolore, in cui la morte recideva il legame tra il mio cuore e la mia mente, lasciandomi vagare inerme tra luoghi sconosciuti e paure insopportabili. Ricordo di essere riuscita solo a scriverle un sms e ricordo la sua risposta che, in quel momento della mia vita, mi ha intimorito, perchè ciò che mi stava dicendo era ciò che io sapevo di non essere in grado di fare, era ciò che io non volevo fare.
Mi ritrovo così a pensare a quei giorni e a C.M. Occhi cerulei, penetranti, scrittura intensa e malinconica, una giovane vita già segnata, anche la sua, da dolori atroci che lui ha imparato a raccontare con dolcezza, fierezza ed una serenità contagiosa.
Lui è stato il primo scrittore che ho rincontrato sul mio nuovo cammino. Era metà luglio, un pomeriggio come tanti, per molti ma non per me. La mia prima uscita dopo settimane, mesi: il mio incontro con il mondo. Accompagnata come sempre dalla mia meravigliosa famiglia sono salita, incerta, in macchina per fare cinque chilometri e andare ad ascoltare un giovane scrittore conosciuto in rete, attraverso il blog per cui scrive, della cui scrittura mi sono innamorata a prima vista. Un incontro che avevo escluso, per il quale non mi sentivo pronta: seduta in penultima fila riprendevo confidenza con il mondo e mi guardavo intorno, inadatta e fuori luogo.
Un incontro da cui sono ripartita per ricominciare.
Dai miei Amori, dalla mia famiglia e da tutte queste magnifiche persone sono ripartita, per ricominciare, per non smettere di guardare il mondo incuriosita ed attenta, per ritrovare me stessa e la voglia di aprire gli occhi e lasciare inaridire l’animo, per poter ancora guardare al mio fianco e vedere che cosa c’è oltre il buio.
Il dolore non scompare, corrode e ti annienta, non serve un anno e neanche una vita per accettarlo ed è reale, a volte troppo.
Gli scrittori ed i libri per ognuno di noi sono reali in modo diverso: quando entrano nella vita, come è accaduto a me, ti capita di pensare a loro quando in realtà stai pensando a te stessa.