Fernando Pessoa, ad esempio, prima che diventasse “Fernando Pessoa”, scrisse uno spot per Coca-Cola. Lo scrittore portoghese, infatti, negli anni in cui la celebre bevanda cominciava ad essere commercializzata a livello internazionale, lavorava come traduttore di lettere commerciali. Quello che sappiamo è che lo slogan escogitato da Pessoa non piacque troppo, soprattutto alle autorità portoghesi. Per fortuna, in seguito lo scrittore si mise a fare altro.
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In pubblicità lavorarono anche Carducci, D’Annunzio che nel 1917 “ribattezzò” La Rinascente, ma anche Grazia Deledda e Luigi Pirandello. Un po’ di sensazione ha suscitato, in tempi molto più vicini a noi, lo spot scritto e “interpretato” da Paulo Coelho che, a quanto pare, non è solo un imbonitore new-age, come accusano i suoi detrattori più arcigni.
Del resto, non pochi scrittori, all’inizio della loro carriera, hanno svolto la professione di copywriter, e non pochi, a tutt’oggi, iniziano da lì. Se pensiamo che un intellettuale di altissima levatura, come Leonardo Sinisgalli, diresse dal 1937 al 1940 l’Ufficio Sviluppo e Pubblicità della Olivetti...
E poi ci sono anche scrittori che finiscono, loro malgrado, nella pubblicità. È il caso di un recente spot dedicato alla carta igienica, in cui un simpatico orsetto brandisce un volume di Franz Kafka. Provare per credere.
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