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Scrittori e solitudine: amore e odio di un ossimoro simbiotico

Da Michelebarbera
SCRITTORI E SOLITUDINE: AMORE E ODIO DI UN OSSIMORO SIMBIOTICO

Di recente ho letto un saggio di Dacia Maraini sulle donne e la lettura. Premetto che la Maraini è una delle scrittrici italiane che apprezzo di più, sia dal punto di vista dell'eleganza stilistica, sia per i contenuti dei suoi scritti. Nel saggio mi ha colpito la tenacia con cui l'autrice narra della sua divorante "passione" di leggere. Tanto da farle rinunciare a feste, incontri, gite. E cita il libro come un compagno dal quale è impossibile separarsi o distogliere l'attenzione. Relegando tutto il resto in secondo piano.Questa è una condizione comune a tutti i veri scrittori. Non c'è autore di rilievo che possa essersi sottratto nel corso della sua esistenza all'amaro e pur dolce confronto con la solitudine che diventa paradiso ed inferno. Senza volerci rifugiare nell'universo monadico di Leopardi in cui la solitudine diventa l'unico infinito possibile e che rappresenta l'esclusiva dimensione esistenziale che estranea l'autore dal mondo "terreno" intriso di dolore e sofferenza, senza dubbio è interessante osservare che la solitudine non è semplice isolamento, ma dimensione creativa per lo scrittore ed il poeta.Thomas Mann, ne "La morte a Venezia", afferma: la solitudine fa maturare l'originalità, la bellezza strana e inquietante, la poesia. Ma genera anche il contrario, lo sproporzionato, l'assurdo e l'illecito. Gli fa eco Bulgakov che scrive "la solitudine significa pensieri seri, densi di contenuto, significa contemplazione, calma, saggezza". Per finire voglio citare una chicca di Nietzsche, inCosì parlò Zarathustra, : "Là dove la solitudine finisce, comincia il mercato; e dove il mercato comincia, là comincia anche il fracasso dei grandi commedianti e il ronzio di mosche velenose."Una solitudine necessaria, cercata, odiata ed ambita. Quasi una forgia in cui l'autore batte e ribatte il ferro della sua creatività sino a dargli la forma che desidera. E la sofferenza della solitudine che genera l'arte, tempra le opere, le fa resistere al mondo, dona loro robustezza e carattere. Non credo molto agli autori che scrivono più di quel che leggono e non credo molto agli autori che utilizzano i libri altrui solo per trarne dotte citazioni o quelli che leggono solo in spiaggia e fanno "reading" di fronte ai loro fan. La mia mente torna compiaciuta alle letture adolescenziali, quelle fatte al chiuso di una stanza, dove le pagine di un libro diventano le ali della fantasia che ci conducono a visitare i mille mondi della creatività e contemplare uno spazio infinito.By M. 



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