Si dice che i libri, alcuni libri, cambino la vita. Quando ho letto le bozze del suo primo romanzo, quello che Frassinelli ha pubblicato con il titolo La giovane morte di Mario Pietrantoni Enrica era una “buona conoscenza”. A due anni da quella lettura, Enrica è un’amica, una delle più care e dolci che io abbia. E ha un talento naturale per la scrittura; finisci di leggere il suo libro e vorresti subito averne un altro fragazzo le mani.
Sono stata in vacanza, una volta, d’estate, per cena.
Il primo figlio non c’era. Il secondo neppure. Il terzo dormiva.
L’oste si chiamava Peppino Tinari, e scusate se è poco: illuminava stellato la buia Majella.
Hai finito Tostoj? Lo senti il sambuco? Staranno bene i bambini? Quattro cinque giri di domande, il vestito elegante macchiato di latte. Che sapore ha la libertà. Com’è dolce la mancanza. Lo sai che sei bella? Anche tu non sei male.
Una pesca profumata di ginepro nella bocca e Adriano (il terzo, sì quello nella foto) si è svegliato. Ha urlato forte di vita sulla buia Majella. C’era da brindare, e lo abbiamo fatto.