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Scrittura come abitazione

Creato il 25 dicembre 2012 da Lucas

«Lo scrittore si dispone nel proprio testo come a casa propria. Come crea disordine e confusione con i fogli, i libri, le matite e le cartelle che si porta dietro da una stanza all'altra, così fa anche, in un certo modo, coi suoi pensieri. Essi diventano, per lui, come mobili o suppellettili domestiche, su cui prende posto, si sente a proprio agio o, viceversa, va su tutte le furie. Li carezza delicatamente, li consuma, li mette a soqquadro, li sposta, li rovina. Per chi non ha più patria, anche e proprio lo scrivere può diventare una sorta di abitazione. E così facendo anche lui, come a suo tempo la famiglia, non può fare a meno di produrre rifiuti e scarti. Ma non ha più un ripostiglio dove metterli, e, in generale, è difficile separarsi dagli avanzi e dalle scorie. Così spinge i rimasugli davanti a sé e finisce per correre il rischio di riempire di essi le sue pagine. L'esigenza di indurirsi e di non indulgere alla pietà di se stessi comprende in sé anche quella più tecnica di prevenire, con estrema cura, le cadute della tensione intellettuale e di eliminare tutto ciò che si viene a formare come un'incrostazione nel lavoro in corso, che continua a girare a vuoto, e che forse, in uno stato antecedente, contribuiva a creare, come ciarla o pettegolezzo, la calda atmosfera in cui l'opera può crescere e svilupparsi, ma che ora non è più che un residuo muffito e un deposito stantio. Alla fine allo scrittore non è concesso di abitare nemmeno nello scrivere.»
Theodor W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino 1954, traduzione di Renato Solmi, pag. 93-94
Facciamo attenzione alla sequenza del brano di Adorno: egli esordisce con «lo scrittore si dispone nel proprio testo come a casa propria» e conclude con «alla fine allo scrittore non è concesso di abitare nemmeno nello scrivere», descrivendo, tra i due poli, tutte le fasi che portano allo sfratto dello scrittore dalla casa che si era permesso di abitare.Innanzitutto: chi rientra nella categoria di scrittore sopra descritta? Tutti coloro che, per mestiere o divertimento o necessità, scrivono per rappresentare quello che pensano, quello che – oso dire – sono. Rientro tra questi? Presumo, anche se il blogger, rispetto allo scrittore tradizionale, molte volte, anzi spesso, vive dei propri scarti e avanzi e sa dove metterli (basta un click).Per quanto mi riguarda, una delle cose che più mi “accarezzano” dell'idea di scrivere/abitare un blog, è che i miei pensieri, le mie letture, i miei versi, trovano un luogo dove essere depositati e disposti, secondo un ordine pressoché automatico (salvo la minima briga di una facile etichettatura).Vanità? No, espressività.Arriverà il giorno dello sfratto? Senz'altro, nessuna casa è eterna e io etterno non duro, nonostante varie cose attestino il contrario. Sono entrato in una casa sfitta, ho chiesto il permesso ai proprietari, me l'hanno concesso. Diciamo, quindi, che sono usufruttuario dello spazio, e, per scrupolo, pago dieci dollari annui per il mio punto com.La scrittura bloggeristica, rispetto al diaristica privata, al taccuino, alla risma, al rilegato, al romanzo in attesa di un editore per essere pubblicato, teme meno il pericolo della muffa, giacché, per sua definizione, prende subito aria, si espone, apre le finestre tutti i giorni dell'anticamera del proprio cervello, e la circolazione si sente - si respira aria buona da queste parti, no?, a parte quando mi trovo necessitato a scrivere sul puzzone.Insomma, il presente è solo uno scolio autoindulgente, perdonate. Rileggete Adorno e mettete me in un ripostiglio.

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