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Scrittura digitale, gli e-book di Amazon e le illusioni degli scrittori. Una “forte” confutazione dell’articolo di Roberto Cotroneo.

Creato il 27 settembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

250px-Kafka1906di Rina Brundu. Non conoscevo (mea culpa) il dottor Roberto Cotroneo, ma Wikipedia mi dice che è un giornalista italiano e va bene così, la mia imperdonabile ignoranza cercherò di colmarla in futuro. Ho letto però il suo articolo pubblicato quest’oggi su Sette, l’inserto del Corriere della Sera, e da quel momento in poi ho atteso con una data urgenza il momento di potermi sedere a confutare, in maniera forte, le tesi scritturali ed editoriali colà espresse. Il pezzo in questione è titolato L’illusione degli scrittori. Catenaccio: quando pubblichi un ebook non è il testo a contare ma chi lo firma. Ed è qui l’errore. Perché è Guerra e pace a fare Tolstoj, per intenderci, e non viceversa.

Essendomi sempre interessata di scrittura (in senso tecnico), debbo dire che un simile sottotitolo mi ha lasciata perplessa. Intanto, e-book o libro cartaceo che sia, concordo con il dottor Cotroneo, ovvero concordo che dovrebbe essere il testo a “contare”. Tendo per mia natura ad essere kafkiana e a pensare che prima di tutto venga il libro, il suo contenuto, il suo messaggio, la sua qualità, e poi venga l’autore. Per meglio dire l’autore dovrebbe perdersi completamente dietro lo scritto, avere la stessa forza e dignità intellettuale di Franz Kafka che ordinò la distruzione della sua intera produzione prima di spirare. Di converso, non ho dubbi che sia Tolstoj a fare Guerra e pace, non viceversa. Teorizzare uno scarto tra il risultato e l’essenza autorale che l’ha prodotto sarebbe nel migliore dei casi confondere le cose della scrittura (della malattia-scrittura) con il loro effetto mediatico, nel peggiore scordare completamente che esiste una grossa differenza tra uno scrittore e un grammatico, tra uno scrittore e un giornalista, tra uno-spirito-che-scrive e con i suoi scritti misura la profondità e il dolore della sua anima e un venditore di cartelle dattiloscritte, per quanto di successo.

Ma a dire il vero non sono queste le parti dell’articolo in questione che mi interessa confutare. È infatti quando il discorso si sposta sulla bontà della pubblicazione digitale and the publishing role played by Amazon che le mie opinioni e quelle del pur bravo autore in questione divergono completamente. Nello specifico faccio riferimento ai momenti in cui il dottor Cotroneo, dopo avere lamentato una sorta di dannazione dei tempi marcati dalla scomparsa dell’autorialità consacracata dalla firma in calce, scrive con riferimento al dramma degli autori su internet “Il rischio (ndr è) di non essere letti da nessuno. Il testo come veicolo per diventare famosi. Si dirà che è una vecchia storia….. da sempre la gente pubblica in proprio romanzi che non legge nessuno. Solo che oggi si può fare online. E costa pochissimo”. E ancora “Quanto pubblichi con Amazon non è il testo a contare. È chi lo firma. Non è importante quello che hai scritto, è importante che scrivendo esisti… Amazon ha interesse ha trasformarti in un autore…”.

Non nego che leggendo queste dichiarazioni ho avuto davvero la sensazione di essere caduta in una sorta di cunicolo alla Alice nel paese delle meraviglie, o per meglio dire alla Alice nel paese all’incontrario. Non so quali esperienze digitali abbia avuto il dottor Cotroneo ma posso garantirgli, proprio in virtù del mio abitare da venti anni in una nazione di avidi lettori qual è l’Irlanda, nazione nella quale la lettura è oramai una mera esperienza digitale e i kindle si acquistano al supermercato mentre si passa alla cassa, che il ritratto che lui dipinge non è supportato dalla realtà dei fatti né da un punto di vista meramente tecnico-editoriale, né da un punto di vista strettamente pratico. Intanto, non vi è dubbio alcuno che la moderna editoria digitale, lungi dall’intristire il destino dell’autorialità la esalta su scala mondiale, mentre è pure assodato che momenti scritturali to-remember o incipit come il mitico “Als Gregor Samsa eines Morgens aus unruhigen Träumen erwachte, fand er sich in seinem Bett zu einem ungeheuren Ungeziefer verwandelt.” non corrono alcun rischio di essere attribuiti, online, a questo o quell’altro autore preso nel mucchio; altra cosa può essere senz’altro il destino delle scritture meno ispirate, ma se queste sono tali perché preoccuparcene?

Ma è soprattutto quest’idea che il giornalista in questione sembrerebbe voler far passare, ovvero il fatto che la facilità con cui si pubblica su Amazon sia fattore negativo, che lo stesso editore di Seattle sia una fabbrica di sogni disillusi, terra di vanity publishing, terra di conquista per i predoni editoriali digitali che proprio non riesco ad accettare ne a comprendere …. Senza scomodare lo spettro dei nefasti editori-cartacei-a-pagamento di ancor-recente memoria (che invece il dottor Cotroneo cita), mi permetto di ricordare che sono, ancora al giorno d’oggi, infiniti i testi “che non legge nessuno” pubblicati da editori di nome e che giorno dopo giorno (lo scrivo perché seguo queste rubriche per interesse professionale), ci vengono propinati sottoforma di marchette più o meno ispirate in svariati programmi del servizio pubblico, senza vergogna alcuna. Anche con una certa naiveté a dire il vero perché mi è accaduto sovente di scaricare da Amazon – proprio nel momento in cui la marchetta andava in onda – il sample da leggere e che, grazie al Kindle, ho potuto cestinare subito, senza fare acquisto alcuno, con buona pace della fatica intellettuale decantata dall’editore di “grido”.

Quanti sono i libri che hanno cambiato la storia del mondo? Cinque? Diecimila? Forse la mia è una esagerazione. Ma quanti sono i libri pubblicati ad oggi dai soli editori-italiani-che-contano? Milioni. Milioni di trame oscure finite ad imbrattare d’inchiostro indelebile tonnellate di carte triturate che un tempo erano cellulloide ed erano alberi. Bellissimi (gli alberi non i libri!). Perciò – senza spendermi troppo a ricordare che se c’è mai stato un tempo in cui ogni autore ha una reale e onesta possibilità di farsi conoscere (sono moltissime le storie di scrittori autopubblicati finiti nelle classifiche dei Most Read del The New York Times!), e ogni testo valido ha una sostanziale possibilità di emergere (oltre la firma e le onnipresenti marchette italiche di favore-agli-amici), quel tempo è proprio questo – non ho difficoltà alcuna ad incoraggiare tutti gli autori a pubblicare su Amazon, o almeno ad assicurarsi che i loro editori di riferimento pubblichino una versione scaricabile del loro lavoro. Allo stesso modo non ho difficoltà alcuna ad incoraggiare ogni autore a scrivere for the sake-of-writing senza preoccuparsi di chi leggerà o se verrà letto in vita o dopo morto; a non preoccuparsi “di un universo indifferente”; a non preoccuparsi della “solitudine tremenda” che dovrebbe essere invece fiore all’occhiello appuntato sulla carne viva di ogni spirito-che-scrive; a scrivere seguendo quell’antica pulsione dell’anima senza temere il guru di turno pronto a stroncare…. Perché, lo insegna la storia della letteratura, se sono rose fioriranno comunque… E francamente è meglio che fioriscano su una piattaforma globale piuttosto che nel cortiletto di casa in dato modo ricordato con una certa, comprensibilissima, nostalgia nell’articolo in questione; tale cortiletto, infatti, sarà pure romantico ma non porta in nessun luogo …

Ma è soprattutto nel caso in cui anziché rose si siano prodotte spine che la pubblicazione su Amazon dovrebbe essere una condizione imprescindibile; basti pensare soltanto alle infinite marchette televisive in meno che verrebbero risparmiate all’indignato-abbonato e al fatto che mercè l’accortezza autorale (ed editoriale), gli aghi dei bellissimi e innocenti pini d’Irlanda continueranno a brillare gagliardi sotto il timido sole, senza che la loro morte-inutile vada a pesare sulla coscienza intellettuale di chicchessia!

Featured image, Franz Kafka.

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