Sono a casa, Berlino è sommersa da centimetri di neve, come fossimo in un Groundhog Winter. Mentre sbobbino la mia intervista al cofondatore di DotDotDot, una app per social reading (l’intervista andrà online domani), leggo un post del buon eFFe (che ultimamente ha attraversato le pagine di Scrittore Computazionale) intitolato: “Ma dove sono finiti gli scrittori?“. In sostanza, il buon eFFe si chiede: nell’agitazione digitale che sta attraversando l’editoria, dove sono gli scrittori? Perché non partecipano più attivamente?
Ecco, questa è una domanda che mi pongo spesso anche io. Ma prima di provare a rispondere, mi permetto di convincerti che qualcosa io l’ho fatta e la sto facendo:
(a proposito l’immagine del post è un esperimento di scrittura, guarda in fondo alla pagina)
I miei due esperimenti
eZagreb: il romanzo digitale
Zagreb, il mio primo romanzo, è uscito nel 2011 al Salone del Libro di Torino, in cartaceo ed eBook. Un anno dopo, maggio 2012, esce una versione digitale arricchita che chiamiamo eZagreb, il romanzo digitale. A detta di molti è uno dei primi esperimenti di enriched ebook italiani. Quelli di Aìsara, la casa editrice che lo ha pubblicato, converranno con me che la versione arricchita di Zagreb è stata voluta fortemente dal sottoscritto. Devo dire, loro mi hanno supportato, nonostante sapessero che il mercato per un prodotto del genere e per una casa editrice piccola come Aìsara fosse limitato.
Perché allora ho voluto eZagreb?
Perché uno scrittore deve sperimentare e perché i tempi erano maturi perché si facesse un libro del genere. La blogosfera ha accolto bene l’esperimento, con, tra gli altri, articoli su Il Fatto Quotidiano, su Nazione Indiana (un articolo dal titolo: Quando parliamo di ebook non dimentichiamoci gli scrittori), una videointervista su Rai Letteratura (si parlava di “frontiere dell’eBook) e una breve intervista su Iris (minuto 5.07).
BIOTEXTs: esperimenti di bioinformatica e letteratura
Chi segue Scrittore Computazionale sa che nelle ultime settimane mi sono appassionato agli esperimenti di scrittura che Kenneth Goldsmith ha raccolto nel suo libro Uncreative Writing. Dopo aver visto un seminario proprio di Kenneth Goldsmith qui a Berlino, ho cominciato a sperimentare con due discipline apparentemente lontanissime: letteratura e bioinformatica. Partendo dall’idea che Context is the new Content, ho “riscritto”, nello spirito dell’Uncreative Writing, le opere di Dante, di Pavese e di Dickinson in forma di codice genetico.
Gli esperimenti sono stati accolti con entusiasmo, non tanto dalle nostre parti (con rare eccezioni), ma, potere del blogging, negli USA e in Canada, da Kenneth Goldsmith in persona e Christian Bök, che mi ha proposto un’uscita in un capitolo sulla “Visual Poetry” in Canada. Come al solito, finché non lo vedo non ci credo
Che fine hanno fatto gli scrittori?
Ecco, ora mi sento più tranquillo a rispondere. Ovviamente non ho in mano la verità, ma, in questi anni, mi sono fatto qualche idea sul perché la maggior parte degli scrittori italiani, su questo siamo d’accordo, è fuori dall’evoluzione digitale.
La scrittura è 50 anni indietro
Innanzitutto, credo sia un problema della letteratura. Se lo dicessi solo io, mi diresti, vabbè, chi sei per dire una cosa del genere. Nel 1959, Brion Gysin, sound poet, pittore e artista afferma che la scrittura è 50 anni indietro rispetto alle arti visive. È un’affermazione a cui penso molto negli ultimi giorni, perché gli esperimenti di Uncreative Writing, basati sul plagio, il copy&paste e la riproposizione ricordano alcuni esempi della pop-art degli anni sessanta. 50 anni precisi precisi.
Gli scrittori sono attempati
Anche quelli giovani. Non è questione di età. L’impressione che ho è che lo scrittore sia schizzinoso rispetto alle “nuove tecnologie”, diffidente verso i blog e i social media. Perché lo scrittore è uno che soffre e deve isolarsi dal mondo, nella sua torre d’avorio di creatività.
Ricordo la ricerca curata da Noemi Cuffia, Tazzina-di-Caffè, per il nostro la Lettura Digitale e il Web. Ebbene, Noemi intervistò (per quel libro, uscito nel 2011) una serie di scrittori a proposito dell’uso degli eReader e della lettura digitale. Il risultato, inutile a dirlo, fu un disastro: scarso interesse all’argomento.
Lo stesso eFFe, nell’articolo che ha ispirato questo post, racconta dell’intervento di Alessandro Piperno a If Book Then 2011:
Lo scrittore bellamente si limitò a dire che le tecnologie e i cambiamenti che queste arrecano alla scrittura e alla lettura non gli interessavano. Empaticamente, è una posizione comprensibile: mica uno scrittore (soprattutto un letterato come Piperno) deve per forza interessarsi di html, drm, formati, conversioni e così via…
Il sistema non aiuta
Sono sicuro che di scrittori che osano ce ne sono a decine in Italia. Ma, forse, il problema è che non sono visibili ai più. Questo dipende da due fattori principali, secondo me: 1. Le case editrici più importanti (salvo qualche raro caso) non hanno nessuno interesse a spingere per la sperimentazione, inevitabilmente, gli scrittori che osano di più o sono ignorati o finiscono in case editrici piccole (si veda l’ottimo lavoro, per esempio, di Quinta Di Copertina); 2. Il sistema dei media italiani ha difficoltà a scovare la novità e spesso si limita a riscaldare la solita zuppa.
I lettori sono davvero pronti?
E forse, dico forse, i lettori non sono pronti per un libro come eZagreb, che non solo è un eBook, ma funziona al suo meglio su un Tablet connesso alla rete e contiene video e documenti online. Insomma: un paradiso per le dita felici di cui parlava Javier Celaya a If Book Then 2013. E forse, dico forse, la fetta di lettori che leggono in digitale è ancora troppo limitata. Questo poi rientra in un problema più grande: in Italia non si legge, soffrono le case editrici più grandi, e quelle più piccole lottano ogni giorno per non chiudere.
In due parole
La questione è ovviamente complessa e, come al solito, ho più domande che risposte. Eppure mi pare ovvio che dinanzi all’evoluzione dettata dal digitale, gli addetti ai lavori sembrano correre ai ripari. Tutti, tranne che gli scrittori.
Allora, cari scrittori: diamoci da fare, sperimentiamo, osiamo. Perché ogni scrittore che si rispetti ha il dovere di vivere i suoi tempi e di esplorarli, per indicare la strada ai suoi lettori, che siano venticinque o un milione.
Il testo è ovunque: uno dei giochetti di Kenneth Goldsmith è quello di modificare l’immagine del ritratto di Shakespeare, qui tutta la spiegazione. Ecco, io ho applicato la stessa logica alla copertina del libro di eFFe in uscita ad aprile: ho risalvato l’immagine come txt, ho copiato e incollato dentro al file il testo del post di eFFe, ho risalvato in jpg et voilà: magia! Spero non me ne voglia.