Una differenza, però, c’è e non è da poco: scrivere non è un’abitudine da riservarsi esclusivamente agli scrittori. Tutti possono e devono scrivere, perché la scrittura è una terapia. Scrivere non risolve i problemi, né pacifica con i fantasmi, però aiuta a fare una cosa meravigliosa: esplorarsi. Attraverso la scrittura indaghiamo noi stessi, anche se parliamo di storie e personaggi distanti anni luce da noi. Grazie alla scrittura dimentichiamo cosa sia il pudore, perché prima di arrivare a scrivere qualsiasi frase, la nostra testa e il nostro istinto hanno indagato i miliardi di casi possibili, nessuno escluso. Spesso quest’indagine accade in una frazione di secondo, ed è un peccato: vuol dire che ci depriviamo della vertigine che dà la consapevolezza che prima di mettere una frase sulla carta (o sullo schermo) tutto è possibile. Noi siamo dio e possiamo far accadere qualsiasi cosa, diventare qualsiasi cosa, rinnegare o dare nuovo nome a tutto quanto.
Chiunque desideri scrivere, allora, deve prendersi tempo. Non avere fretta di srotolare la storia e, anzi, godersi ogni istante dello srotolamento.
Cosa farei io se fossi il mio personaggio in questo momento? Cosa farebbe quel veneto malinconico incontrato sull’autobus stamattina? E queste vecchiette in fila dietro di me alla cassa del supermercato?
Diamo a ogni azione della storia il beneficio dell’esperimento: le cose non devono andare per forza così, possono anche...
E in quest’”anche” risiede la più vasta molteplicità di contingenze che riusciamo a immaginare.
I personaggi che inventiamo - sia che siano declinazioni di noi stessi, sia che siano attinti da altre vite, immaginarie o reali - sono le pedine di un gioco esistenziale. Il gioco di una memoria che va fondandosi mano a mano che scriviamo. Sono le nostre creature e le plasmiamo attraverso ogni passaggio della trama dentro cui le caliamo.
E allora, anche qui, osiamo pensare in grande. Non facciamo andare le cose sempre troppo bene, a questi personaggi, o sempre troppo male.
Qual è la cosa peggiore che potrebbe capitare loro in questo momento della storia? Qual è la cosa migliore che potrebbero desiderare?
Sondiamo ogni possibilità e il suo contrario. Rimarremo stupiti da quante cose avevamo scartato a priori, costringendo la nostra storia a un ingiusto appiattimento.
Anche di quello che non c’è sulla carta, è bello riflettere in questi termini:
Margherita Rastelli
Se il mio personaggio morisse, come lo farebbe? E se vedesse qualcuno morire, come reagirebbe? E se fosse pazzo, di che pazzia sarebbe portavoce?Impariamo a conoscerlo, questo protagonista, che meglio lo conosciamo e più saremo veritieri quando racconteremo le vicende con cui ha a che fare.
Scrivere è un’esplorazione, abbiamo detto. E come tutte le esplorazioni, è tanto più appagante - per chi la conduce e per chi ne sentirà raccontare - quanto più tempo, energie e sincerità ci saranno state investite.
Margherita Rastelli
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