Per Davide Cencini le problematiche giovanili non sono così dissimili da quelle percepite dagli adulti, la differenza consta nel modo in cui i due universi le affrontano. Proprio per questo, l'autore sottolinea la differenza che esiste fra linguaggio semplice e povero, considerando quest'ultimo aggettivo come uno degli aspetti che caratterizzano l'imbarbarimento culturale del nostro paese. Quindi ai giovani non servono dei testi impoveriti sia nei contenuti che nello stile ma, al contrario, libri altamente qualitativi.
L'autore dei romanzi di Darkwing, classe 1981, è romano di nascita e vive a Castelfidardo. Durante il liceo si avvicina alla
Credo sia bene precisare innanzitutto che una buona storia può parlare a qualsiasi tipo di pubblico; un buon libro per ragazzi è fruibile anche da un adulto. Personalmente anche se scrivo per young adults ho lettori di tutte le età, da teenagers a ultrasessantenni, quindi penso che più che il target sia fondamentale la capacità di trasmettere valori universali nei propri testi, in questo modo nessun lettore ne resta escluso. Quando scrivo non penso "questo è per i giovani", penso piuttosto semplicemente se quello che scrivo è ben costruito, se trasmette un messaggio e se è comprensibile al pubblico, di qualunque età esso sia. Detto questo, certamente scrivere per i giovani significa capire i loro problemi e le tematiche che stanno loro più a cuore.
- Come si sceglie una particolare tematica?
Scegliere delle tematiche è la parte facile, come dicevo è sufficiente voler approfondire un tema che sentiamo importante. Il difficile è farlo in una maniera che non sia scontata. I giovani non sono poi così diversi dagli adulti, spesso hanno problemi molto simili e quindi è facile "colpirli" per chi li ha già vissuti; a essere diverso è soprattutto il sentire con cui li affrontano, rendendoli assoluti perché non sono ancora capaci di metterli in prospettiva, dato che manca loro l'esperienza di vita. Credo che un compito che spetta a un buono scrittore che si rivolge a un pubblico giovane sia di aiutarlo ad aprire gli occhi sulla complessità dell'esistenza umana, trasmettere loro saggezza e comprensione degli altri, cioè stimolarli a contestualizzare i loro problemi personali in un mondo fatto di tante altre persone che a loro volta affrontano problemi e sfide anche più grandi delle loro. Affrontando dei grandi temi, alcuni possono capire che forse i loro problemi non sono così grandi come sembrano, mentre affrontando quelli piccoli alcuni lettori possono immedesimarsi.
- Quali sono le maggiori difficoltà che si riscontrano?
La difficoltà più grande secondo me è che a volte occorre porsi dei limiti nella scrittura, non si può fare proprio tutto quello che uno vorrebbe per non incorrere nelle "sforbiciate" degli editori.
Un'altra questione può essere il lessico. Qui ho trovato atteggiamenti discordanti tra editor e agenti, c'è chi sostiene che la scelta di parole vada semplificata al massimo per il pubblico giovane e chi invece non si pone il problema. Personalmente ritengo che i libri debbano possedere un intrinseco valore educativo e ho sempre rifiutato l'idea di impoverire di proposito i miei testi: è più che possibile scrivere in maniera sofisticata ma allo stesso tempo comprensibile e chi la pensa diversamente non fa che contribuire all'imbarbarimento culturale di questo paese. Non si dovrebbe leggere solo per intrattenimento ma anche per allenare le proprie abilità linguistiche. Altrimenti non possiamo lamentarci se la grammatica dei ragazzi si riduce a un linguaggio da sms! La scuola può dare le basi, ma gli editori devono essere parte della soluzione, non del problema! Certo, per i più piccoli si deve mantenere un registro adeguato e non si possono usare termini troppo complessi o desueti, ma non si deve mai confondere "semplice" con "povero". Un testo può trasmettere il suo valore anche nella composizione, e può essere un valore altissimo.
- Perché scegliere di scrivere proprio per i giovani?
Probabilmente perché mi piacciono le stesse cose, perché sento di avere qualcosa da dire e perché i ragazzi sono un pubblico fertile e interessato. Sei italiani su dieci non leggono nemmeno un libro l'anno... se non fosse per i giovani molti creativi come me sarebbero disoccupati!