Magazine Cultura
Prima di sera devo fare almeno una telefonata importantissima e scrivere un altro po' del romanzo a cui sto lavorando e che dovrei finire entro la settimana prossima (see... quando gli elefanti voleranno), ma prima mi preme fare questo post, se no poi me lo dimentico.
Bazzicando su Facebook (ve l'ho detto che sto perdendo tempo, no?) mi è capitato di leggere un commento a un post in cui si sosteneva il vecchio discorso che quando uno scrive deve farlo innanzi tutto per sé stesso, solo per esprimere la propria arte, senza pensare che il romanzo debba essere venduto.
Vorrei dissentire da questa visione, che ho notato essere piuttosto comune tra gli scrittori "in erba"; chissà, forse dipende dal fatto che non riescono a vendere niente e dicono "ma sì, lo faccio solo per me stesso".
Proprio stamattina una persona con cui collaboro mi ha detto: "con il mio primo libro io mi sono comprato un appartamento".
E io, che per i miei romanzi non ho mai visto un euro, ha capito che sbaglio qualcosa.
In realtà lo so che cosa sbaglio; non sono capace di promuovermi. Infatti, se e quando me lo potrò permettere, cercherò qualcuno che lo faccia al posto mio.
Al di là di ciò, ho sempre scritto con l'idea che poi il romanzo sarebbe stato venduto; non ho mai scritto solo per me stessa, ma sempre per i potenziali lettori.
Ed è ovvio; se uno comincia a comporre un romanzo con l'idea di pubblicarlo sa che da qualcuno verrà letto. A questo punto bisogna necessariamente scrivere avendo in mente il target a cui ci si rivolge.
Ma in realtà io credo che tutti gli scrittori che aspirano alla pubblicazione, sotto sotto, la pensino come me. Altrimenti che senso avrebbe rivolgersi a un editore? Ti stampi la tua copia con Lulu e bella finita.
Perciò mi fanno ridere quando dicono: io scrivo per me, poi se venderò qualche copia vabbé.
E' un discorso in ossimoro con se stesso, non vi pare?
E' molto più onesto dire: io scrivo per vendere.
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