Magazine Musica
Negli anni settanta le idee e le mozioni sembravano lucide frecce sulle nostre gambe e i cortei scendevano fin nei vicoli, a stanare la classe operaia. Negli anni ottanta fu lotta aspra e senza quartiere, e la disperazione delle parole ammutolite si è sciolta nel rosso di tante brigate. Le nostre mani armate dalla disperazione di chi ripudia il mondo così com'è, ma non conosce altro che il linguaggio arcaico della guerra. Un disastro generazionale. La ricerca di altri lemmi per le nostre bocche spalancate e di altri gesti per le nostre braccia, ci ha condotti qui. Dietro queste barricate di copertoni e fango, i quarant'anni o cinquanta o sessanta che abbiamo, sono scavati sui nostri visi. Effigi consacrate alla lotta aspra e alla resistenza, prima, e all'isolamento, poi. Abbiamo avuto paura, imprevisto della storia sbandata, quando la nostra musica ha iniziato a risuonare incerta, tra i vicoli dritti e vuoti di questo pezzo abbandonato della città - dove ci siamo raccolti - quando non sapevamo mantenere accesi i fuochi sognati e ora veri, quando il buio delle finestre mute ci faceva ancora rabbrividire, e i pochi benpensanti correvano via, tacchi sull'asfalto pietroso. Segni profondi sulle braccia e sui muri, si stagliano chiarissimi alla luce dei falò che non si spengono mai, ai quali facciamo guardia attiva perchè non muoiano - ideali ed espressioni coerenti, ora. Nemmeno la polizia viene più a reprimerci, nemmeno più a cercare, nemmeno più a curiosare per giocare a farci paura. Perchè noi, paura, non ne facciamo più. Perchè noi, paura, non ne abbiamo più. Oggi siamo consapevoli - rintanati e liberi. La musica non cesserà, le braci non si spegneranno e l'ultima notte ci vedrà dritti nei nostri cappotti sdruciti e lucidi, fieri delle nostre fiamme, ancora a cantare. Noi qui, uomini e donne, siamo il femminino, voce dell'accoglienza e della luce. Siamo l' utero della rivelazione, il pensiero che plasma senza pudore il mondo, le ali che vincono la gravità. Tutto il resto è oscuro e torbido, buco nero che risucchia, guerra inutile senza fine. La parola d'ordine risuonerà chiara, abbatteremo le barricate e coi copertoni faremo altalene.Monica Sapio