Alla domanda Perché scrivi? la maggior parte della gente là fuori risponde con la storia del cesso.
La storia del cesso è una vecchia storia.
Modestia a parte, l'ho chiamata io così, riferendomi a quanto raccontato da Quentin Tarantino per bocca del Mentore di Mr Orange:
"Un poliziotto infiltrato dev'essere come Marlon Brando. Per fare questo lavoro devi essere un grande attore. Devi essere naturale, devi essere naturale come pochi. Devi essere un grande attore perché gli attori mediocri fanno una brutta fine in questo lavoro."
"Le cose importanti da ricordare sono i dettagli, i dettagli rendono la storia credibile. Questa particolare storia si svolge in un cesso pubblico, perciò devi conoscere tutto di quel cesso pubblico. Devi sapere se c'erano gli asciugamani di carta oppure il getto di aria calda, devi sapere se i pisciatoi avevano le porte oppure no, devi sapere se c'era il sapone liquido o quella schifosissima polvere rosa che si usava al liceo, ricordi? Devi sapere se c'era o no l'acqua calda, se c'era puzza, se qualche pezzo di stronzo schifoso bastardo figlio di puttana aveva schizzato di diarrea una delle tazze. Devi sapere tutto quello che riguarda quel cesso, capito?
Di solito lo scrittore si prepara la sua bella storia del cesso e a quella precisa domanda te la racconta, così diventa credibile e invidiato. Diventa un perfetto infiltrato nel mondo editoriale, che si sa, ama i personaggi vendibili, più che gli scrittori. A che servono, d'altronde, i ghost writer?
Di solito è il tipo che vuole essere adorato, quello che ti racconta la sua storia del cesso, vuole, più che recensioni, genuflessioni.
Vuol essere preso per uno che manipola l'oscura arte dello stendere parole su carta, che fa provare emozioni e bla bla bla...
Puttanate.
Ora, sono cinque anni che lo faccio. Quasi sei. A livello economico, considerando solo ed esclusivamente la scrittura, arranco. Non è un segreto.
I primi tentativi risalenti a quand'ero un adolescente chiuso e romantico lasciamoli stare, non per niente e per fortuna, dopo l'adolescenza, c'è la maturità.
Un mondo di eterni adolescenti sarebbe un puzzolente incubo asservito a un eccesso ormonale dietro l'altro. Ci estingueremmo nel giro di qualche anno, colpiti a morte da una freccia scagliata da una tipa con la coda di cavallo e una morale presa da zio Hammurabi.
Per cui, ok, proviamoci. S-scrivo per...
Raccontare storie?
No, non è esatto.
Magari lo è stato per un certo periodo, quando raccontare storie mi sembrava essenziale, vitale, la cosa più bella che potesse esserci.
Buffo pensare che, all'epoca, quand'ero convinto di raccontare storie, avevo difficoltà persino a concluderle. Difficoltà nel controllare l'intreccio, nel motivare l'agire dei personaggi, nella gestione. In breve, nella tecnica. Mi affidavo esclusivamente al genio, raccontando a me stesso la storia del cesso.
Più che patetico.
Quando sei troppo persuaso di una cosa, allora stai sicuro che stai sbagliando.
Scrivo per...
No, le stronzate coi demoni e gli esorcismi lasciamole stare. Ho appena detto di essere cresciuto.
Scrivo per...
Rilassarmi.
Ecco una buona risposta. Perché, fondamentalmente, sono in quella fase in cui scrivere non è faticoso per nulla, anzi, la considero un'attività rilassante.
C'è gente che per rilassarsi colora gli albi già pronti. Io scrivo. De gustibus.
Scrivo principalmente qui sul blog, quello che mi capita per la testa, come questo post.
Scrivo per...
Dare vita a mondi immaginari in cui esaminare, sotto una patina scanzonata, la nostra società coeva, trasfigurata dalla finzione, ossia dall'ambientazione che ho creato.
Sì, ci stiamo avvicinando.
Scrivo per...
Perché ultimamente, cerco di essere un orologiaio. Sì, mi sono messo in testa non solo di scrivere, non di farmi trascinare dalla sacra ispirazione (come ho ridetto, sono cresciuto), ma di creare un meccanismo bilanciato in ogni racconto. Ogni mio lavoro deve essere un meccanismo perfettamente funzionante, come un orologio. Cerco di variare la tecnica, il lessico, cerco di dare il giusto equilibrio a ogni aspetto, dialoghi, azione, scene di raccordo, per dar vita a un quadro d'insieme il più possibile esaustivo, avvicinandomi a uno schema perfetto che non coglierò mai.
Ecco, sì, credo che in definitiva sia questo, ormai, lo scrivere per me: creare un meccanismo il più possibile perfetto. E, facendolo, trovarlo rilassante e al contempo divertente. Unire tecnica e benessere. Una terapia.
Che poi il testo riscuota consensi, che quelle frasi suscitino, a seconda, piacere, paura, emozioni, malinconia e felicità, quella è la parte del lettore. Sacrosanta. Spetta soltanto a loro. A me, quando sono un lettore.
Io scrivo perché mi sono messo in testa di essere un artigiano nella bottega.
Ci sono modi peggiori di passare l'esistenza.
E voi perché lo fate? E non raccontatemi la storia del cesso, o lo capirò subito.