Ma come sta la scuola italiana?
Nel corso del ’900, specie a partire dal dopoguerra, la scuola ha rappresentato un grande dispositivo di modernizzazione e di civilizzazione del paese. Negli ultimi venti anni tutto è cambiato velocemente. Fino alla caduta del muro di Berlino, il mondo con cui si competeva era un mondo piccolo: metà Europa e Stati Uniti. Poi il mondo si è allargato, e mercati anche, e il nostro paese ha dovuto misurarsi con altri grandi paesi, quali la Cina, l’India, il Brasile, il Giappone. L’Italia che ostenta la propria collocazione tra le nazioni più ricche del mondo, non ha attivato una strategia che sostenga la crescita culturale dei cittadini, anzi si è fatto in modo che si è ridotto il consenso sociale intorno alla cultura. Tra le cose “sdoganate”: rozzezza e l’ignoranza.
I dati, purtroppo, dicono che l’Italia tra tutti i paesi sviluppati è quello che meno investe nella sua scuola. Il rapporto tra spesa pubblica ed educazione è il più basso, e i risultati si vedono. Siamo il paese che ha il numero più basso di laureati e diplomati e anche il tempo che viene dedicato dalle imprese alla formazione continua è il più basso. Gli indicatori di scolarizzazione e le ridotte capacità di assorbimento e valorizzazione delle competenze all’interno dei mercati del lavoro evidenziano come questo dispositivo si sia incepapto. La spesa pubblica dedicata all’istruzione è il 4.5% del Pil, al di sotto della media europea che è al 5.50%.
Secondo l’Eurostat, l’I
Soluzioni? Tornare a credere e dunque investire nella tradizione manifatturiera, recuperando gli antichi mestieri che ci hanno reso unici nel mondo.
“È una sfida enorme – dice Stefano Boerio, architetto urbanista – una sfida di scuola e formazione, dobbiamo recuperare alcuni mestieri che la grande industria ha assorbito. È un grande progetto didattico e di investimento sulla scuola pubblica. Dobbiamo capire dove far rinascere questo percorso di trasmissione del sapere, che non riguarda solo alcune nicchie di artigianato, ma anche gli altri tanti settori. Dobbiamo investire nella ricerca per ceracre di capire quali siano le necessità del mercato e come le nostre competenze, possano rispondere ai bisogni concreti della società attuale.
“Bisogna che la scuola torni ad essere il cuore del nostro sistema” chiude Patrizio Bianchi, come dargli torto?