Anna Lombroso per il Simplicissimus
Si sa che la scuola è un ambiente a rischio: negli Usa a ogni piè sospinto entra un bocciato che non ha fatto ricorso al Tar e spara, da noi, da Ostuni a Firenze, da Favara a Faiano, crollano controsoffitti, travi, piovono calcinacci. Per fortuna ci pensa Franti l’infame col suo eterno sorriso: se ieri ha sciorinato 25 slide in formato tweet per presentare la sua legge di Stabilità, in agosto si era messo alla lavagna per la pubblica ostensione della sua Scuola Sicura che comprende misure destinate all’edilizia scolastica, da 30 Scuole Innovative da 300 milioni, forse dotate perfino di carta igienica, a Interventi per la Prevenzione del Crollo Intonaci e Soffitti – sic – da 40 milioni, tutto da realizzare con procedure accelerate, come piace al governo del fare e del malaffare.
Negli stabili, ben verniciati e ben attrezzati qualora abbiano ricevuto il contributo misericordioso accordato, tramite School Bonus, da familiari abbienti di prole asina, a vigilare su sicurezza, ordine e fedeltà al modello richiesto di un’istruzione che prepari al lavoro, sviluppi competitività e ambizione, predisponga a cogliere le occasioni della precarietà e le opportunità della fidelizzazione a un Sapere Unico (valorizzazione del selfie? uso dello smartphone? inglese come il premier? Formazione alle tecniche di risposta nei call center?), al servizio del Pensiero Unico, edificio ideale del Partito Unico, regnerà con potere assoluto e dispotica discrezionalità lo sceriffo, abilitato ad arbitri, pratiche clientelari, corruzione, figura forgiata sul modello cesarista di un uomo solo al comando, accentratore autoritario irrispettoso di leggi e dialogo. Incaricato si direbbe, di replicare e adattare alle nostre naturali inclinazioni e più col bastone che con la carota, il caso di eccellenza rappresentato dal sistema scolastico di Hong Kong dove – a leggere i dati dell’Istituto locale per la Scuola e la Famiglia – nel corso del 2013 oltre 50 ragazzi, minorenni, hanno tentato il suicidio, dove un ragazzo su quattro (il 25%) tra i 10 e i 16 anni ha pensato almeno una volta di farlo, e dove il 60% delle motivazioni si riferisce alla eccessiva pressione scolastica.
È che a ogni piccolo cesare corrisponde una collettività che lo reclama, lo vota, gli dà corda e lo delega in bianco così che il leader incorpori in sè la fede e i fedeli sotto l’egida della suprema autorità, li controlli e ne temperi le naturali esuberanze di un popolo infantile che probabilmente teme la libertà quanto la responsabilità e trasmette questa indole come un codice genetico di padre in figlio, ubbidiente quando c’è qualcuno che guarda, pronto a intemperanze se sfugge alla sorveglianza.
Sarà per questo che ragazzini iperprotetti e viziati, quando escono dalla sfera di tutela dell’istituzione, scuola o famiglia che sia, diventano vulnerabili, permeabili al ruolo di vittima o di carnefice secondo una distribuzione di ruolo antica, ma esaltata da una sconfortante modernità fatta di reality, identità artificiali e vite parallele, selfie e tweet, che poi sono gli strumenti e i contesti nei quali impazza un ceto politico immaturo e sgangherato.
Ieri un ragazzo di 17 anni è morto dopo essere precipitato dal sesto piano dell’hotel Camplus Living Turro, in zona Lambrate a Milano. Il giovane era uno studente in gita scolastica e l’ipotesi della Procura di Milano è che il ragazzo sia caduto accidentalmente dalla finestra “a causa di un malore dopo aver fumato della marijuana”. E non si può non ripensare alle analogie con la fine di Domenico Maurantonio, all’inizio di maggio, sempre a Milano, sempre in “viaggio di istruzione” all’Expo, anche precipitato al suolo per cause ancora da accertare.
È perfino troppo facile fare dell’ironia su un’esposizione di salsicce e caciotte, più celebre come Ballo Excelsior della corruzione, dell’improvvisazione, delle regalie a chef e salumieri eccellenti, se ancora oggi non abbiamo notizie certe della cosiddetta Carta di Milano e sulla sua missione di condizionare le scelte e i modelli di sviluppo dei Paesi per contrastare fame e sete. Fin troppo facile pensare che perlomeno porti una gran sfiga, mi auguro anche al governo che l’ha tenacemente voluta, tanto da destinare un contributo finanziario di due milioni di euro da parte del Miur, per invogliare le scuole a effettuare questa missione didattica, quattrini che avrebbero avuto miglior impiego, e che non si sa se siano mai arrivati. Fin troppo facile ricordare come hanno fatto insegnanti che si sono espressi in merito, che le destinazioni sono suggerite energicamente dagli allievi, per i quali i viaggi di istruzione devono assomigliare a contemporanei riti di passaggio della pubertà, a notti brave nei topoi della movida, tanto che la funzione di accompagnatori è vista dai professori come una odiosa incombenza. Fin troppo facile malignare sulla compiacenza di presidi in attesa di diventare gaulaiter che orientano le scelte e appagano i desideri di fuga dei ragazzi, tenendo di vista quel mercato delle gite che rappresenta uno dei brand più profittevoli delle compagnie di viaggio: Caravan Tour l’anno scorso ha “movimentato” , 300 mila studenti, per un fatturato di 26 milioni di euro. si tratta di un business da 651 milioni di euro l’anno, stima il Centro studi turistici di Firenze, di un miliardo, se si considera anche l’indotto, che dagli anni ’80 ha sviluppato offerte, “partecipato a tavoli al ministero”, rendendo sempre più forte la sua lobby e che è preoccupato che questi “episodi” possano minacciare espansione e profitti.
Intanto, come al solito a essere minacciato è il buonsenso: genitori in difficoltà – e sono la maggioranza, non dovrebbero essere costretti a tassarsi per mandare i figli in gita all’Expo. Gli insegnanti non dovrebbero essere costretti a diventare sorveglianti carcerari anche fuori dalle aule, ma siamo al paradosso che a fronte del libero commercio in rete di una gamma sterminata di droghe sintetiche, i poliziotti entrino a scuola coi cani su ordine del questore di Firenze, in cerca di marijuana, anticipando la vocazione poliziesca e repressiva della riforma. Per non dire della guazza offerta alle reazioni peggiori dell’ampia schiera di non disinteressanti benpensanti, quelli del proibizionismo, quelli delle scuole private dove certe cose non potrebbero succedere, nella convinzione che responsabilità, sicurezza, siano una merce che basta pagare, come d’altra parte la cultura, che infatti viene sempre di più messa all’asta.
Ogni giorno quelli che passeggiano in rete come fosse il corso del paese leggono che l’Italia non è un posto per le donne, non è un posto per i vecchi, non è un posto per i malati, non è un posto per chi pensa desidera ama “diversamente”, non è un posto per i giovani. Soprattutto, è vero, non è un posto per i poveri, come ormai tutto il mondo. Forse non è un posto per la libertà se non sappiamo usarla, conservarla e insegnarla.