I sacrifici nel mondo per formarsi e crearsi un futuro migliore stanno costituendo un simbolo ed un contrasto, al tempo stesso, con quello che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Quanto il mondo occidentale crede ancora nella scuola e nell’educazione dei suoi giovani? L’immagine di Yu Xucang che ogni giorno percorre 30 km nella Cina del Sichuan per portare il figlio disabile a scuola sta commuovendo il web, tanto da fargli meritare il titolo di Padre dell’anno.
Nelle sale italiane è uscito, poi, lo scorso 26 settembre 2013 l’ultimo docu-film di Plisson dal titolo Vado a scuola. Il film narra della vicenda di 4 ragazzi, tra gli 11 ed i 13 anni, in 4 angoli sperduti della Terra che affrontano ogni giorno innumerevoli ore di cammino pur di arrivare a scuola. Dalla savana del Kenia ai sentieri che solcano la catena dell’Atlante in Marocco; dall’altopiano della Patagonia al calore dell’India meridionale seguiamo Jackson, Zahira, Carlito e Samuel , quattro bambini con il desiderio di imparare. Per soddisfare questo desiderio (e come milioni di loro coetanei nel mondo) affrontano, nella maggioranza dei casi quotidianamente, percorsi lunghissimi e spesso pericolosi.

Il film commuove dall’inizio alla fine, pur essendo la narrazione asciutta e priva di retorica. Commuove l’immagine di questi fanciulli che affrontano ogni giorno sfide vere e proprie da giganti, a rischio continuo di morte, sempre con il sorriso sulle labbra, consapevoli di quanto l’istruzione sia la loro grande, irripetibile possibilità. Commuovono anche i familiari tutti che si sacrificano immensamente pur di dare un futuro migliore e diverso ai figli, per consegnarli le redini del proprio futuro.

Purtroppo il problema non ha facile soluzione perché segue le tendenze sociali degli ultimi decenni. Le stesse famiglie credono poco nella scuola e nella sua capacità di fornire adeguati strumenti ai figli,relegandola spesso ad un ruolo di puro parcheggio e non continuando quel ruolo di integrazione e di tutt’uno con essa cosi come era previsto nei decreti attuativi della riforma scolastica. I ragazzi, si sa, sono sensibili ad altri argomenti, del tutto estranei al discorso Cultura. I docenti, da parte loro e con le dovute eccezioni, sono spesso demotivati e disorientati davanti a studenti arroganti e per niente bramosi di sapere. Pur dovendo anche ammettere inoltre che la classe insegnanti è, a volte, poco aggiornata, e con poca predisposizione a farlo perché inaridita da ingranaggi burocratici a dir poco macchinosi sia nella fase iniziale del loro reclutamento sia nella prosecuzione della loro attività persa tra consigli e riunioni poco proficue.
Per fortuna, andando oltre le cifre, e cercando nelle periferie, c’è ancora chi crede nella scuola e vale la pena di essere raccontato perché supera ostacoli di ogni tipo pur di studiare. A dare aiuto ci sono associazioni e organismi presenti nel sociale, come la Cooperativa Sociale Onlus Santi Pietro e Paolo che aiuta di pomeriggio decine di ragazzi delle zone più a rischio di Roma. Oppure c’è la Comunità di sant’Egidio che dal 2008 ha previsto delle borse di studio a sostegno delle famiglie che si impegnano a far frequentare la scuola con serietà. La Comunità si è impegnata a fornire alla famiglia un contributo di 100 euro al mese a patto che siano rispettati alcuni obblighi:non superare tre assenze mensili non giustificate, adempiere rigorosamente tutti i doveri scolastici e le attività extrascolastiche , e bisogna educare il figlio, in ogni circostanza, al rispetto degli altri e dei loro diritti ed alla convivenza civile.
Che dire? Possono questi sparuti esempi farci credere nella voglia di crescere e di credere in noi stessi e nel nostro futuro? Quanto la nostra società, compresa quella politica, ha inteso che l’unico mezzo di trasporto verso un vero progresso sia la cultura?




