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Scuola:punto di arrivo o di partenza?

Creato il 14 marzo 2014 da Tabulerase

vado a scuolaI sacrifici nel mondo per formarsi e crearsi un futuro migliore stanno costituendo un simbolo ed un contrasto, al tempo stesso, con quello che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Quanto il mondo occidentale crede ancora nella scuola e nell’educazione dei suoi giovani?  L’immagine di Yu Xucang che ogni giorno percorre 30 km nella Cina del Sichuan per portare il figlio disabile a scuola sta commuovendo il web, tanto da fargli meritare il titolo di Padre dell’anno.

Nelle sale italiane è uscito, poi,  lo scorso 26 settembre 2013 l’ultimo docu-film di Plisson dal titolo Vado a scuola. Il film narra della vicenda di 4 ragazzi, tra gli 11 ed i 13 anni, in 4 angoli sperduti della Terra che affrontano ogni giorno innumerevoli ore di cammino pur di arrivare a scuola. Dalla savana del Kenia ai sentieri che solcano la catena dell’Atlante in Marocco; dall’altopiano della Patagonia al calore dell’India meridionale seguiamo Jackson, Zahira, Carlito e Samuel , quattro bambini con il desiderio di imparare. Per soddisfare questo desiderio (e come milioni di loro coetanei nel mondo) affrontano, nella maggioranza dei casi quotidianamente, percorsi lunghissimi e spesso pericolosi.

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L’idea del film è nata al regista, come egli stesso racconta,  mentre lavorava ad un progetto in Africa sui Masai,vedendo dei bambini che affrontavano i pericoli della savana per andare a scuola. Ognuno di loro ha un sogno di emancipazione che nessun ostacolo può frenare Jackson 10 anni,in Kenia percorre, mattina e sera con la sorellina, quindici chilometri in mezzo alla savana e agli animali selvaggi, portando con sé una tanica d’acqua potabile, dato che a scuola non c’è ; Zahira 11 anni,di una comunità berbera che percorre una giornata di faticoso cammino, inerpicandosi sui monti dell’ Atlante per raggiungere la scuola in cui resterà per la settimana, con le sue due amiche;Samuel, 11 anni, ogni giorno viaggia in India per otto chilometri, anche se non ha l’uso delle gambe, spinto nella sua carrozzina dai due fratelli minori e Carlito, 11 anni, attraversa le pianure della Patagonia per oltre venticinque chilometri, portando con se la sorellina.

Il film commuove dall’inizio alla fine, pur  essendo la narrazione  asciutta e priva di retorica. Commuove l’immagine di questi fanciulli che affrontano ogni giorno sfide vere e proprie da giganti, a rischio continuo di morte, sempre con il sorriso sulle labbra, consapevoli di quanto l’istruzione sia la loro grande, irripetibile  possibilità. Commuovono anche i familiari tutti che si sacrificano immensamente pur di dare un futuro migliore e diverso ai figli, per consegnarli  le redini del proprio futuro.

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Ebbene, queste immagini, come quella di Yu Xucang, fanno inevitabilmente pensare ai nostri ragazzi ed alla situazione disastrosa in cui versa la scuola italiana. Gli ultimi dati dell Annuario Statistico dell’Istat parlano di un abbandono nel biennio 2011-2012 di circa 7800 allievi. E la tendenza è stata  comunque negativa per il quarto anno consecutivo. Anche la  Commissione Europea ci riporta alla nostra difficile realtà: l’Italia è tra le peggiori cinque d’Europa su abbandoni, in quanto lasciano i banchi troppo presto il 17,6% di alunni contro la media Ue del 12,7%..A poco servono le iniziative legislative e governative in merito: a settembre sono stati stanziati 15 milioni di euro per fronteggiare questa piaga, volti a finanziare soprattutto lezioni pomeridiane nei luoghi in cui è maggiormente presente il fenomeno dell’abbandono e in particolare nella scuola primaria.

Purtroppo il problema non ha facile soluzione perché segue le tendenze sociali degli ultimi decenni. Le stesse famiglie credono poco nella scuola e nella sua capacità di fornire adeguati strumenti ai figli,relegandola spesso ad un ruolo di puro parcheggio e non continuando quel ruolo di integrazione e di tutt’uno con essa cosi come era previsto nei decreti attuativi della riforma scolastica. I ragazzi, si sa, sono sensibili ad altri argomenti, del tutto estranei al discorso Cultura.  I docenti, da parte loro e con le dovute eccezioni, sono spesso demotivati e disorientati davanti a studenti arroganti e per niente bramosi di sapere. Pur dovendo anche ammettere inoltre che la classe insegnanti è, a volte, poco aggiornata, e con poca predisposizione a farlo perché inaridita da ingranaggi burocratici a dir poco  macchinosi sia nella fase iniziale del loro reclutamento sia nella prosecuzione della loro attività persa tra consigli e riunioni poco proficue.

Per fortuna, andando oltre le cifre, e cercando nelle periferie, c’è ancora chi crede nella scuola e vale la pena di essere raccontato perché supera ostacoli di ogni tipo pur di studiare. A dare aiuto ci sono associazioni e organismi presenti nel sociale, come la Cooperativa Sociale Onlus Santi Pietro e Paolo che aiuta di pomeriggio decine di ragazzi delle zone più a rischio di Roma. Oppure c’è la Comunità di sant’Egidio che dal 2008 ha previsto delle borse di studio a sostegno delle famiglie che si impegnano a far frequentare la scuola con serietà. La Comunità si è impegnata a fornire alla famiglia un contributo di 100 euro al mese a patto che siano rispettati alcuni obblighi:non  superare tre assenze mensili non giustificate,  adempiere rigorosamente tutti i doveri scolastici e le attività extrascolastiche , e bisogna educare il figlio, in ogni circostanza, al rispetto degli altri e dei loro diritti ed alla convivenza civile.

Che dire? Possono questi sparuti esempi farci credere nella voglia di crescere e di credere in noi stessi e nel nostro futuro? Quanto la nostra società, compresa quella politica, ha inteso che l’unico mezzo di trasporto verso un vero progresso sia la cultura?

 


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