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Scuole occupate, due discutibili no

Creato il 29 novembre 2012 da Faustodesiderio

Gli studenti che stanno occupando le scuole usano soprattutto due argomenti che sono altrettanti no: no ai “tagli” e no ai “privati”. Il rito delle occupazioni scolastiche, anche se fatto dai giovani, è vecchio e conformista. Dura da più di quarant’anni: con l’autunno si accorciano le giornate, cadono le foglie e si occupano le scuole. Quest’anno, però, dalla confusione può nascere qualcosa di buono se si mette in luce la stringente contraddizione che c’è in quei due “no”: come è possibile salvare la scuola se da un lato lo Stato non ha i soldi necessari per finanziarla e dall’altro studenti e professori rifiutano in maniera aprioristica, per non dire ideologica, il sostegno dei “privati”?

Le proteste sono iniziate quando il governo Monti, con la legge di stabilità, aveva portato le ore settimanali d’insegnamento da 18 a 24. Il provvedimento è stato ritirato, le proteste no. Ora si contesta il cosiddetto “ddl Aprea”. Che cos’è? E’ il disegno di legge che prende il nome dall’ex deputata Valentina Aprea e che prova a trasformare l’autonomia scolastica da concetto astratto in realtà concreta dando la possibilità alle scuole d’avere un proprio statuto, dei nuclei di autovalutazione interni e anche dei partner pubblici e privati per sostenersi economicamente. Dunque, nulla di straordinario dal momento che i “privati” non sono i lupi ma il mondo che c’è qua fuori, fatto da famiglie, associazioni, enti, comuni, imprese. E se il mondo finalmente dovesse interessarsi alla scuola, perché la scuola deve chiudersi come se fosse un “mondo a parte”?

La difesa della scuola pubblica statale è giusta, ma non si capisce perché debba essere fatta contro i privati e la scuola pubblica non-statale. Chi si pone come obiettivo la difesa della “scuola statale” mettendola in conflitto con i “privati” e la “scuola non-statale” combatte una battaglia con cui, lo sappia o no, contribuisce non a salvare ma ad affossare la scuola. La scuola non-statale garantisce non solo un minimo di pluralismo, ma fa sì che lo Stato possa risparmiare. Se si legge il libro La buona scuola per tutti – statale e paritaria (Laterza) si potranno conoscere un po’ di numeri utili. Ad esempio: lo Stato spende per ogni studente della scuola secondaria di secondo grado 8.108 euro all’anno, mentre la spesa per ciascun studente di scuola paritaria è di 51 euro. Gli alunni della scuola paritaria sono 1.245.346, ossia il 12,4 per cento della popolazione scolastica italiana. Ciò che lo Stato risparmia con l’esistenza delle scuole paritarie è 6.245 milioni di euro. In Italia le scuole private sono il 3 per cento. In Francia, dove esiste lo stesso sistema monopolistico, la scuola paritaria è ben oltre il 20 per cento.

La salvezza della scuola statale è, dunque, nella scuola paritaria e nell’autonomia concreta. La scuola statale è elefantiaca, anche perché soddisfa non solo esigenze scolastiche e formative ma anche bisogni assistenziali che nulla hanno a che fare con l’istruzione delle giovani generazioni. Sarebbe opportuno, oltre che intellettualmente onesto, che anche gli studenti si rendessero conto di questa situazione.

tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 29 novembre 2012



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