Trama: Napoli. Vincenzo è un trentenne che vive ancora in famiglia, disoccupato e impacciato. La sua vita monotona si divide tra l’invidia per il fratello maggiore, i pianti del migliore amico Tonino e l’incontro con la bella Anna, ex compagna di scuola di sua sorella..
Si tratta del secondo film diretto e interpretato dal giovane Massimo Troisi stavolta nei panni di un giovane disoccupato che trascorre le giornate in canottiera, annoiato, senza prospettive ma nonostante questo incapace di pensare alla costruzione di una sua indipendenza personale. Vive con la madre e con la famiglia della sorella in una grande casa napoletana che in ogni inquadratura dà una sensazione di solidità e tradizione. Vincenzo è un ragazzo apparentemente superficiale, poco propenso ad arrovellarsi in riflessioni e soprattutto molto concreto nel suo modo di approcciarsi ai problemi, soprattutto sentimentali. Inizia una relazione con Anna (interpretata da una giovanissima Giuliana De Sio) senza farsi troppe domande, vivendola in modo istintivo, senza troppo coinvolgimento emotivo e così finisce per non accorgersi che sta perdendo la donna in quanto lei si sente poco amata, poco apprezzata, stanca di aspettare che dalla bocca di Vincenzo esca fuori un complimento o una frase da innamorato. Quando lei lo lascia, lui non sa spiegarsi il motivo proprio perché i due hanno un modo differente di approcciarsi ai sentimenti e così pur soffrendo non cede alla voglia di risentirla. Solo alla fine i due riescono a parlarsi ma è troppo tardi in quanto Anna sta decidendo di ritornare a Perugia, la città in cui lavorava. Il finale rimane comunque aperto in quanto la scena viene bruscamente tagliata dai titoli di coda.
In questo film sono presenti tante tematiche, quali l’amore, l’amicizia, la famiglia, la disoccupazione ma anche le tradizioni di un tempo. Si struttura in modo semplice e lineare lasciando ampio spazio alla recitazione e soprattutto ai dialoghi tra Lello Arena che interpreta Tonino e lo stesso Troisi. Sono dei veri e propri sketch che trasportano lo spettatore in una dimensione teatrale piuttosto che cinematografica senza che questo crei una sensazione di straniamento nello spettatore.
Personalmente non ho mai amato tantissimo Troisi perché penso che una recitazione che si basa unicamente sul dialetto napoletano crei incomunicabilità e difficoltà nell’apprezzare totalmente il film. Insomma si perde tanto ed è un peccato. Credo però che Troisi avesse una dote tutta speciale nell’impersonare i protagonisti dei suoi film e soprattutto nel comunicare attraverso la mimica facciale e corporea piuttosto che con il linguaggio. In ogni caso il film è proprio bello e racconta Napoli attraverso dei modelli non convenzionali come il funerale iniziale (momento di incontro tra parenti e conoscenti), la benedizione del parroco, i rapporti famigliari. Solo questo meriterebbe la visione immediata del film.
VOTO 7,5