Rileggendo gli articoli ho notato che non erano firmati e che erano pieni di virgolettati ma non c’era neanche un nome e cognome a cui potessero essere riferiti. Insomma, potevano benissimo essere pezzi costruiti su chiacchiere da bar raccolte qua e là. Invece ho potuto verificare di persona che amici e conoscenti, molto più addentro al Pd di quanto non lo sia io, la pensano allo stesso modo; si sta facendo largo l’idea che, con un po’ più fatica del dovuto e meno vantaggio di quello che ci si poteva attendere, tutto sommato le elezioni siano già vinte e che Grillo, anche se prenderà un sacco di voti, sarà un problema più di Berlusconi che non di Bersani.
Ora, io mi auguro che queste voci trovino conferma lunedì 25, ma a sentir l’aria che tira qualche dubbio mi viene. Al di là delle piazze stracolme (o quasi) ad ogni comizio di Grillo, o della presenza massiccia del Movimento sui social media, è evidente che le proposte di Grillo stanno facendo presa. Il referendum sull’Euro, l’abolizione del finanziamento pubblico ai giornali, la privatizzazione di due canali della Rai, il taglio dei costi della politica e la rinuncia ai rimborsi elettorali sono temi entrati nel dibattito politico. Per non parlare poi degli investimenti sulla banda larga o sulla green economy. Gran parte dei temi sollevati da Grillo sono presenti anche nel programma del centrosinistra, e non da oggi; alcune cose sono delle proposte su cui fare delle riflessioni, tante altre sono semplicemente sparate populiste irrealizzabili (come spiega bene Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano).
Se fossi in Pierluigi Bersani lascerei da parte la calcolatrice ed eviterei di mettermi a fare il toto ministri, come se tutto fosse già decisivo. Qualche giorno fa Francesco Costa su Il Sole 24 Ore illustrava molto bene come in Italia i voti in movimento da uno schieramento all’altro siano molto pochi. Esistono molti indecisi, che però non sono tali nel senso che non sanno per chi votare, ma non sanno se andare a votare per chi vorrebbero. In quest’ottica, il fatto che a una settimana dal voto ci sia ancora oltre il 30% dell’elettorato potenziale che si dice indeciso può rappresentare un’insidia per il centrosinistra perché temo che molti di quegli elettori non sanno bene se non fidarsi di nessuno o di chi promette di far saltare il banco.
C’è anche un precedente che dovrebbe far pensare. Nel 2008 tutti i sondaggisti quotavano la Lega Nord intorno al 4%. Quando si scrutinarono le schede però i voti raddoppiarono e il partito di Bossi chiuse al 8,3%. Quelli che però oggi possono sembrare “tatticismi”, domani diventeranno nodi politici da sciogliere. Come si relazionerà il futuro governo con il secondo movimento politico del paese? Avrà il coraggio, e i numeri, per fare da subito delle scelte significative e popolari come la riduzione dei costi della politica, o una modifica seria della legge elettorale e del conflitto di interessi? Metterà in agenda una riforma del mercato del lavoro, o trovare le tutele necessarie per i tanti lavoratori esodati? Riuscirà a vincere le resistenze delle tante forze politiche contrarie all’istituzione di diritti civili che in altri paesi occidentali sono all’ordine del giorno da anni?
Se lo farà, non solo accrescerà il consenso nel Paese ma metterà i parlamentari grillini di fronte a una scelta. Se essere fedeli ai loro elettori e ai loro programmi oppure a chi li ha candidati. Scelta che potrebbe rivelarsi molto scomoda e che metterebbe a nudo il populismo a 5 Stelle.
Jacopo Suppo | @jacoposuppo