Se avessi la macchina del tempo, se potessi invertire il moto delle lancette dell’orologio, sicuramente vorrei tornare a rivivere l’età dei perché: quel periodo dell’infanzia in cui tutto è nuovo, meraviglioso, da scoprire. L’età in cui la realtà si mescola con la fantasia, le cose che per noi grandi sono normali, banali, scontate, appaiono ancora misteriose e affascinanti. Insomma, l’età di quei due bambini che stamani stanno aspettando alla stazione il treno per Firenze Santa Maria Novella, in compagnia dei nonni. La più grande dei due è una bella bimba, con i capelli raccolti in due treccine chiuse con dei fiocchetti colorati, un vestitino estivo a fiori con delle graziose gale sulle spalle e sull’orlo della gonna.
“Come sei bella, stamani!” la schernisce il nonno, “Oh quanti ammennicoli ti sei messa?” indicando i numerosi braccialetti colorati che adornano i polsi della nipotina.
“Hai fatto bene, stamani si va in città! Si va a vedere il Duomo!” replica la nonna.
Il fratellino è leggermente più piccolo, capelli corti a spazzola, occhi incredibilmente vivaci, non riesce a stare fermo e fa continuamente avanti e indietro tra la panchina e la linea gialla lungo i binari (che “non deve essere toccata, sennò arriva il controllore e ti manda via dalla stazione” cit. la nonna).
Appena arriva il treno, si blocca con un’espressione di gioia e di stupore. Che meraviglia! Guardandolo bene, anche a me oggi sembra meno brutto.
Il gruppetto sale sulla mia stessa carrozza e si sistema nei seggiolini di fianco al mio: i nonni siedono uno di fronte all’altro, sul lato del corridoio, lasciando ai piccoli i posti accanto al finestrino. I due bambini stanno in piedi per tutto il viaggio, con il naso e le mani appiccicati al vetro.
Il treno dopo qualche minuto dalla partenza passa lungo un grigio cantiere di periferia, aperto da anni, ormai, dove stanno nascendo come funghi anonimi edifici, tutti uguali. Ma non tutti, stamani, la pensano come me:
“Nonno, guarda, una ruspa! Un’altra, laggiù, è più grossa! Guarda, c’è anche la gru! E lo schiacciasassi! Che cantiere grosso, non l’avevo mai visto un cantiere grosso così!”
Incrociamo un altro treno, che procede in direzione opposta.
“Guarda, è a due piani! Ha un piano di sotto e un piano di sopra! Perché non abbiamo preso quello anche noi?”
“Perché quello non va a Firenze, quando torniamo indietro cerchiamo di prendere anche noi il treno a due piani!” replica paziente la nonna.
“…Ma va più forte di questo?”
“Eh questo non lo so…”
A un certo punto incrociamo anche la superstar dei binari nostrani, lo stupore dei bambini, soprattutto il piccolo, diventa incontenibile.
“La Freccia Rossa! Guarda come va veloce! Dove va, nonno?”
“Penso che vada a Bologna, o a Milano, o a Venezia…”
“Andiamo anche noi a Bologna? Dai!”
“La prossima volta, magari, oggi si è detto che si va a Firenze.”
“… Ma va più forte la Freccia Rossa o Italo? ”
Sull’argomento i nonni, devo dire, non sono molto preparati.
Ci fermiamo in una stazione appena fuori Firenze. Siamo ancora fermi quando il treno sul binario accanto riparte.
“Si parte!” esclama il piccolo.
“Ma non vedi che siamo ancora fermi?” lo corregge la sorellina.
“No, siamo partiti, guarda!” replica indicando i finestrini dell’altro treno, che si stanno muovendo, effettivamente.
Il nonno allora tenta di spiegare in modo semplice il concetto di moti relativi al nipotino, che non sembra troppo convinto.
Entriamo finalmente nella stazione di Santa Maria Novella, un tripudio di treni a uno, due piani, Frecce Rosse, Frecce Argento, Itali, mezzi di servizio, gente, valigie, negozi… Il treno si ferma, ci prepariamo a scendere. Il piccolo per mano alla nonna, la sorellina con il nonno, si avviano verso il centro. Chissà quante cose meravigliose scopriranno, oggi. Davvero, li invidio un po’ :-)