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Se Carver leggesse Essex County. Una riflessione

Creato il 02 dicembre 2013 da Eymerich

Se Carver leggesse Essex County. Una riflessione
 “Mi sentii come colpito all’improvviso da un fulmine durante una tranquilla passeggiata, in un pomeriggio assolato, sereno.” In questo modo, Haruki Murakami, descrive la sua reazione alla prima lettura di un racconto di Raymond Carver. Uno shock, calato nella vita quotidiana.Attimi, immagini, frammenti di tempo. Scorci particolari di esistenze comuni, le nostre, che definiremmo senza indugi noiose. Di Carver ho letto “Cattedrale” e “Principianti” e, come Murakami, ne sono rimasto folgorato. La sua capacità di introdurre il lettore in medias res nelle vite di persone comuni è qualcosa di incredibile. Non c’è niente di straordinario, non ci sono momenti di stasi e tensione emotiva, non c’è nessuna esplosione finale. Nessun racconto ha una fine e un inizio. Qui si parla di frammenti, tasselli che compongono il mosaico vitale in cui siamo immersi. La grandezza di Carver sta proprio in questo: voler registrare ogni gesto, ogni pensiero, ogni azione, anche quella più apparentemente insignificante. Ci vuole un’estrema consapevolezza di ciò che ci circonda per scrivere così, perché è proprio in queste istantanee che si nasconde il senso di tutto. La causa di ogni cambiamento, non è che un precipitato per accumulazione di una serie infinita di momenti quotidiani. Carver questo lo ha capito ed è per questo che ci emoziona e ci lascia l’amaro in bocca.Come nel realismo pittorico di Edward Hopper, l’America di Carver è quella lontana dai grattacieli e dal sogno americano. Il “Carver Country” è solitudine e silenzio. E’ quel luogo popolato da persone umili, che vivono le piccole tragedie familiari e quotidiane, che sbagliano e cercano di tirare avanti. “Brava gente, gente che ce la mette tutta”Il nostro presente è frammentario. I problemi sono quelli comuni. I nostri vizi e le nostre debolezze si misurano nel quotidiano.
Se Carver leggesse Essex County. Una riflessione
Lo stile e l’occhio alla Carver sono strumenti efficaci per descrivere il nostro tempo e altri medium, oltre a quello letterario, se ne sono serviti. Pensiamo a Robert Altman e al suo “America Oggi”, vero e proprio “minestrone Carveriano”, che ha vinto al Festival Di Venezia nel ’93. Le immagini sono più immediate delle parole, asciugano la narrazione all’osso e ci presentano scorci esistenziali secchi e cristallini. Il cinema, l’arte dell’immagine in movimento, lo ha sicuramente capito. Così come un altro medium che fa del connubio immagine-parola il suo punto di forza: il fumetto.Mi viene in mente, ad esempio, il bellissimo “Essex County” di Jeff Lemire. Le vicende partono da eventi innocui e sconnessi, inserendo il lettore in storie apparentemente prive di ogni rilevanza ma che, nel quadro complessivo, alimentano un collage esistenziale tutto radicato nel freddo terreno della contea di Essex, in Ontario. Oppure “Local” di Brian Wood, dove dodici storie collegate dal personaggio di Megan Mc Keegan, ci regalano altrettante cartoline di città del Nord America. Ancora più dichiaratamente Carveriano, troviamo Adrian Tomine, che con volumi come “Sonnambulo e altre storie” o “Una lieve imperfezione”, attraverso un nitore grafico e grande leggibilità ,declina a fumetti un minimalismo narrativo emotivamente devastante.
Se Carver leggesse Essex County. Una riflessione
L’immagine riesce a parlarci del silenzio. Ci lascia attoniti davanti ad essa, facendoci partecipi dei suoi particolari, di tutte quelle piccole tensioni insite in un azione o in uno sguardo che nel movimento frenetico passano inosservate. Il fumetto, narrazione per immagini e parole, è quindi un ottimo mezzo per rappresentare “quanto l’esistenza collettiva sia fatta di piccoli segmenti che si divorano gli uni con gli altri, un’esistenza dispersa e polverizzata, e, per questo, feroce e disperatissima”. Se Carver potesse leggere Essex County, invidierebbe Lemire.
Se Carver leggesse Essex County. Una riflessione

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