I libri erano sempre lì ad aspettarlo, come un affettuoso cagnolino che non moriva mai.
I libri non erano come le persone, false e inaffidabili, non si fermavano in ufficio a lavorare fino a tarda ora a progetti importanti, né andavano a sciare con gli amici per Natale.
Fin da piccolo Israel era stato tormentato dal terribile timore di essere rinchiuso da qualche parte e di non avere con sé qualche libro da leggere, una prospettiva terrificante che si era verificata in due sole occasioni: una volta, quando intorno ai nove anni aveva dovuto andare in ospedale per togliersi le tonsille e si era risvegliato in una corsia per adulti con del sangue secco sulla faccia e nemmeno un numero dei fumetti di "Beano" o "Dandy" a portata di mano; e poi di nuovo, anni dopo, quando suo padre aveva avuto un attacco cardiaco ed era stato ricoverato d'urgenza in ospedale, costringendo Israel a precipitarsi lì e ad aspettare per ore e ore che i medici facessero il possibile per salvarlo....
Dopodiché Israel aveva associato la mancanza di libri alle barelle e alle lacrime, a quel mezzo mondo di orrore e disperazione incombenti che è familiare a chiunque sia stato seduto a lungo in un asettico corridoio del Pronto Soccorso in compagnia esclusivamente dei propri pensieri.
(Ian Sansom, Il caso dei libri scomparsi, Tea)