Latinoamerica n. 112, n.3, lug/set 2010
Anche Cuba, per quanto isolata da un iniquo blocco economico imposto 50 anni fa dagli Stati uniti, soffre per la brutale crisi causata dalle malversazioni della finanza e dell’economia capitalista, anzi ne soffre di più perché spesso, per procurarsi quello che serve per vivere è obbligata a fare complicate triangolazioni con altri stati, triangolazioni che finiscono per far costare ogni cosa più del dovuto. Cuba è anche reduce da due uragani che l’hanno costretta, negli ultimi due anni, a ricostruire pezzi interi del paese.
L’annuncio, fatto il 1° agosto scorso dal presidente Raúl Castro al parlamento, riguardo a un cambio prossimo in alcuni settori della politica economica, che prevede la liberalizzazione di alcuni mestieri, anche per assorbire lavoratori del pubblico impiego, in esubero rispetto alle esigenze della società cubana, è stato accolto però, in occidente, quasi come una dichiarazione di fallimento del sistema.
I presunti analisti del mondo che può hanno dimenticato, però, che il loro capitalismo così amato, come dimostrano le sofferenze senza speranza dei vicini di Cuba, è crollato già da tempo, se un quarto dell’umanità muore di fame e non ha nemmeno la libreta, come gli abitanti dell’isola.
Perché, sempre al contrario dei poveri dei paesi capitalisti [negli Stati uniti e in Italia sono vicini al 15% della popolazione], a Cuba sanno che uno straccio di casa, di assistenza sanitaria, di istruzione [a tempo pieno e fino alla laurea], di servizi sociali e culturali continueranno a essere garantiti per tutti. Certo Cuba è a un’altra svolta del suo difficile percorso, per aver scelto un sistema di vita opposto a quello delle cosiddette democrazie liberali che, al contrario della loro definizione, non sopportano chi politicamente è diverso.
Per questo è interessante pubblicare un estratto del discorso di Raúl Castro sui cambiamenti prossimi nella vita del paese, perché allora le sue parole quasi non ebbero eco. Forse perché chi organizza la disonesta e falsa informazione su Cuba era in ferie e ha ripreso il suo lavoro di mistificazione sulla realtà non appena le agenzie di propaganda della Cia lo hanno rifatto l’appello: el País, media cosidetti riformisti, Moíses Naím, Reporters sans frontiéres, eccetera.
Gianni Minà