Born in the USA - The Boss
L'America è un paese grande. Oggettivamente.
Che poi sia anche un grande paese, ognuno ha la sua opinione in proposito.
Ma l'aggettivo grande ed il suo rapporto con esso quando arriviamo in America, per noi che veniamo dalla campagna (come diceva una bella canzone) è fonte di alterne reazioni.
Viaggerete in lungo e in largo e "grande" in tutte le sue declinazioni, fino a superlativi assoluti creativi e onomatopeici, sarà la parola che non potrete imperdirvi di pronunciare.
Perché tutto in quel paese è decisamente fuori misura.
A partire dagli spazi, vasti, sconfinati, senza orizzonte raggiungibile con lo sguardo.
Alle strade che attraversano il paese, sul cui esempio sono state riprodotte le corsie dei supermercati, in cui possono incrociarsi 4 carrelli senza nemmeno dover dare la precedenza.
Per finire alle porzioni del cibo, fresco o confezionato: non riuscirete mai a comprare una bottiglia di latte da un litro come è uso qui da noi.
Finirete il vostro giro di spesa inevitabilmente con un bidone di latte ridicolmente grosso o con la singola porzione pensata per chi vive da solo, ovvero il tristissimo mezzo litro.
Di conseguenza potete immaginare che anche la maggior parte della gente si conformi a questa generale "grandezza", finendo col diventare over size.
Questo purtroppo è un argomento poco piacevole su cui fare dell'ironia, ma è tristemente noto, per cui se avrete la fortuna di poter programmare un viaggio nel grande paese, abituatevi all'idea.
Qualche anno fa, quando mia figlia quasi dodicenne aveva solo cinque anni, abbiamo fatto un bellissimo viaggio in Florida.
Lo scopo primario era ovviamente portare Alice ai parchi Disney (che intendiamo bene, erano una meta ambita anche da noi bambinoni mai cresciuti).
Poco più di otto giorni tra la costa affacciata sul Golfo del Messico e Orlando a fine ottobre, in coincidenza con il week end di Halloween.
L'America si gira in auto, "on the road" e non c'è modo migliore per conoscerla, apprezzarla e scoprirne le infinite contraddizioni.
Con mio marito abbiamo viaggiato spesso in US ed amiamo moltissimo l'idea del viaggio in auto.
Fin dal momento della scelta del mezzo all'agenzia di autonoleggio.
La macchina più piccola prevista dalle agenzie locali è quella che per lo standard europeo rientra nella categoria "berline", ovvero la nostra categoria più alta.
Gli americani vogliono stare comodi (ma soprattutto, e perdonate se sono anche un po' cattiva, sono dotati di superculoni per cui le macchine devono essere grandi!) e se pensate di noleggiare un'utilitaria tipo Fiat Punto o simile, dimenticatelo...quelle sono macchine giocattolo.
Quindi ci siamo trovati a viaggiare con una stupenda familiare color panna, poltrone avvolgenti, superaccessoriata con portabicchieri, tavolinetti, scomparti segreti e altri sorprendenti gadget con cui abbiamo tenuto impegnata mia figlia durante gli spostamenti.
Il primo momento di panico da "grandezza", lo abbiamo vissuto a Orlando arrivando a Disneyworld.
Eccitati per il desiderio di entrare ai parchi, siamo arrivati ancora prima dell'apertura ed abbiamo lasciato l'auto nel parcheggio principale (uno spazio di 2 o 3 ettari preposto alla bisogna), che a quell'ora era praticamente vuoto.
Ma dal parcheggio non si entra a piedi nel parco.
Bisogna prendere un trenino tipo quelli turistici, che ti porta alla stazione dove ti imbarchi sullo shuttle veloce per il parco.
L'organizzazione è micragnosamente perfetta. Il trasferimento dura al massimo 15 minuti e nessuno deve mai attendere.
La giornata è stata magica, ma non devo raccontarvela. Vi metto qualche foto fatta allora, giusto per farvi capire.
Il bello è arrivato a fine giornata.
Ripreso lo shuttle e poi il trenino, arriviamo al parcheggio all'imbrunire.
Di fronte a noi si prospetta uno spettacolo agghiacciante: un parcheggio stracolmo di auto, tutte color panna, tutte familiari, tutte uguali!
Una distesa di auto senza fine e nella mia testa il vuoto: ma come diamine è fatta la nostra macchina?
Si, perché vi pare facile dopo un solo giorno di noleggio avere chiaramente nella testa com'è fatta la vostra auto. A malapena vi ricordate il colore.
Mio marito ed io ci guardiamo seriamente preoccupati e cominciamo a scandagliare la zona dove ci ricordavamo di averla parcheggiata. Fino a che mia figlia fa: BIIIP!
Genio di una bambina: la chiave chiama macchina! Mio marito schiaccia il bottoncino sulla chiave e nel mare magnum di auto, vediamo illuminarsi e lampeggiare in lontananza la nostra....Salvi!
Ecco a cosa servono gli accessori!
I parchi Disney sono un paradiso del divertimento: in tutti i sensi!
Per politica aziendale, tutti i dipendenti devono attenersi scrupolosamente alla politica Disney del "qui dentro si vive la fiaba", quindi tutti coloro che lavorano per la fiaba, sono per contratto magici: sempre sorridenti, gentilissimi, cordiali, assertivi, disponibili e ti vengono in soccorso anche se non sei in difficoltà.
Lo abbiamo scoperto interrogando una ragazza italiana che faceva la sua esperienza ad Epcot e che sembrava annoiarsi a morte. Però parlava un inglese perfetto!
Gli americani sono bravissimi a crearti dei bisogni: assurdi, indecenti, assolutamente inutili. E per questo irresistibili.
Quando si hanno bambini, si fa tutto per loro.
Arrivati a destinazione, abbiamo scoperto l'esistenza della "Bibbidi Bobbidy Boutique!, dove una bimba entra come tale ed esce nei panni di una principessa. Dalla A alla Z: vestito, scarpe, trucco e parrucco della sua principessa preferita.
Ecco, adesso parlo da donna a donne/mamme!
Lo so perfettamente che è eccessivo, antifemminista e retrogrado, ma voi cosa avreste fatto?
Personalmente, se ci fosse stata anche una situazione per le mamme, mi sarei fiondata a pesce! Figuriamoci mia figlia.
A parte il costo, che è decisamente anti economico, è stata una delle esperienze più divertenti del viaggio...la sera siamo andati alla parata di Halloween e Alice era la principessa Bella (notare le fate madrine belle paciose!).
Non si scherza con le dimensioni, con i numeri e le quantità.
Mentre farete le vostre buone file alle attrazioni nei parchi, sarete circondati, e se vi dico circondati credetemi, da persone che fanno un'unica cosa continuativamente: mangiano.
Mangiano di tutto: da strane sbobbe gelatinose in colori che vanno dal rosa fucsia all'azzurro Puffo, a cosce di tacchino grandi come la testa di vostro figlio, passando attraverso qualsiasi altra schifezza vi venga in mente.
E poi bevono: litri e litri di Coca ed altre bevande superzuccherose che nemmeno Mary Poppins riuscirebbe a propinarvi con un magico cucchiaio.
E voi li osservate, sentendovi piccoli alieni in un mondo del tutto nuovo.
Fino a che arrivate su una meravigliosa spiaggia deserta affacciata sul Golfo del Messico e capite che la natura altro non è che il modello dell'esagerazione numerica a cui si ispirano gli americani.
Tutto è grande, tutto è numeroso!
Anche una semplice spiaggia in cui la sabbia è completamente coperta da conchiglie e gabbiani.
Potrei stare qui ora a raccontarvi di questo ed altri viaggi, ma per decenza dovrei tentare di contenere le parole e lasciarvi anche una ricetta.
Che non può essere che una delle mie cose preferite di stampo US. I Bagels.
Ho sentito irresistibilmente il desiderio di farli dopo aver letto il post di Fede, ispirata a sua volta dallo Zio Piero.
Quindi anche io Bagels. In una ricetta semplice, veloce e molto fedele.
Chi di voi li ha mangiati nella loro terra di origine, sarà soddisfatta del risultato.
Ed inevitabilmente avrà un moto di nostalgia.
Ingredienti per 9 bagels medi
400 g di farina 00
225 di latte caldo
50 g di burro
25 g di zucchero
7 g di lievito di birra fresco (io ho dimezzato la dose originaria ed hanno lievitato ugualmente benissimo - credo si possa scendere a 5 g)
3 g di sale
1 tuorlo con un goccio d'acqua per spennellare
semi di vario genere a vostro piacere per la finitura: sesamo, girasole, papavero, zucca, ecc.
Mettete il latte con il burro e lo zucchero in un pentolino e fate scaldare fino a che il burro non sarà sciolto.
Togliete dal fuoco e fate intiepidire. State attenti alla temperatura perché dovrete scioglierci il lievito (che non vuole il caldo ma solo il tiepido).
Quando la tipica schiuma compare in superficie, il vostro lievito è pronto per l'impasto.
Mettete nella ciotola della planetaria la farina, il composto di latte-burro-zucchero-lievito e il sale.
Impastate con il gancio a velocità moderata fino a che il panetto non pulirà bene la ciotola ed avrà un aspetti liscio ed elastico. Aggiungete farina se necessario. Non deve essere appiccicoso. Questo dipenderà dalla farina che userete. Fate lievitare per un'ora e mezza coperta ed in luogo tiepido.
Una volta pronta la pasta, toglietela dalla ciotola e sgonfiatela, arrotolatela in una grossa salsiccia e ricavate 9 palline di c.ca 80 g l'una. Quando avrete la vostra pallina, bucatela al centro con il dito indice e con molta delicatezza cercate di allargare il buco il può possibile (questo tenderà a richiudersi in cottura come ha fatto con i miei bagels)
Quando sono pronti, fateli riposare ancora una decina di minuti e poi tuffateli un po’ alla volta in una pentola capiente in cui avrete fatto bollire dell'acqua.
Questi galleggeranno su un lato. Contate fino a 20 lentamente quindi girateli con una schiumarola e contate nuovamente fino a 20. Scolateli e fateli asciugare su un panno pulito.
Sistemate ora i bagels su una teglia coperta di carta forno, spennellateli con il tuorlo diluito con un cucchiaio di acqua e cospargeteli con i vostri semi preferiti (io ho usato sesamo e papavero).
Infornate a 220° per 10 minuti, abbassate poi la temperatura e cuoceteli altri 10 minuti, infine abbassate ancora a 180°C e terminate la cottura, altri 10 minuti circa.
Lasciateli intiepidire su una gratella. Dopo godete!
In casa mia li abbiamo farciti come da tradizione: salmone e creme cheese; scrambled eggs, pomodori e maionese; prosciutto affumicato, insalata e fettine di Emmental.
Ma la fantasia ha tante potenzialità. Usatele.
PS - Fatene tanti e congelateli. Tostati sono ancora più buoni!
Magazine Cucina
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