Mi perdonerete la metafora politica, ma credo possa rendere l’idea. Nielsen ha recentemente rilasciato i dati sulle app più utilizzate del 2015 e lo scenario è facilmente leggibile. Da un lato Google, dall’altro Facebook, il resto è niccha..o noia.
Se è vero che la telefonia vive lo scontro tra titani tra Apple e Google, che mettono in campo diverse strategie, entrambe degne di nota, raccogliendo numeri altisonanti di vendite e di gradimento, il mondo Apple non registra numeri da primato per l’ingombrante presenza di Facebook che, invece, non produce smartphone (non per ora) e non costringe nessuno ad avere le proprie app sul cellulare. Chi le ha, semplicemente le vuole.
Leggendo la gerarchia di app più gettonate del 2015 nell’immagine che segue vedremo Facebook in fuga solitaria, seguita da Youtube, che occupa la seconda posizione qualche “passo” più avanti di Messenger, costola inevitabile del social di Mark Zuckerberg per le attività di messaggistica istantanea.
Segue tutto il set di app Google, spesso predefinite sull’enorme gamma di prodotti android, prima di arrivare ad Instagram, che registra interessanti margini di crescita seppur, diversamente da Messenger, sia autosufficiente rispetto a Facebook. Chiudono la top 10, in gran crescita, due app di Apple, mentre non v’è traccia di WhatsApp.
I risultati di google non sorprendono. Un costante rendimento dovuto a una vasta gamma di prodotti con sistema operativo android che portano nel bagagliaio tutto il set di app.
I risultati di Facebook e affini, invece, sembrano essere più meritori e degni di nota, mentre Apple, con la sua strategia sicuramente meno nazionalpopolare, inizia a registrare numeri altisonanti. Nell’infografica che segue notiamo la distribuzione dei sistemi operativi.
Se teniamo anche in considerazione che Apple Music si appresta ad essere integrato tra le feature di Facebook per l’ascolto di musica sul social, per usare una metafora ciclistica diremmo che potrà seguirne la scia. Possiamo quindi, senza timore di smentita, asserire che il governo del web mobile, fatto di app e attività sempre crescenti, è diviso in due.
Facebook e Google vanno a braccetto, sicuramente per capacità e merito, con buona pace di tutti gli altri player.
Siamo in un regime di bipolarismo perfetto, con Apple a giocare il ruolo della potente lobby influente (strettamente legata a Facebook) e i grandi “partiti” a tenere in pugno le sorti del digitale. Google con tutte le sue certezze e Facebook con la sua capacità propulsiva.
Si aprono molti fronti di discussione, non ultimo il tema della net neutrality. Facebook ha recentemente messo gli occhi, e le mani, sui paesi sottosviluppati, andando a piantare la bandiera del pionierismo digitale con il progetto Internet.org.
Internet.org è un progetto aperto (a cui Google non partecipa), che intende raccogliere eccellenze del digitale per portare nei paesi in via di sviluppo alfabetizzazione digitale e non, con servizi accessibili e gratuiti come Wikipedia, app di servizio sanitario e la stessa Facebook. A voler essere maligni (ma oculati) si tratta di una polizza sul futuro e di una lungimirante acquisizione di dati di un mercato ancora inesplorato e non presidiato.
A voler essere onesti (e oculati) si tratta inevitabilmente di un supporto concreto e tangibile ad ampie porzioni del pianeta che hanno bisogno di essere coinvolte in dinamiche globali per procedere a uno sviluppo da troppo tempo atteso.
Il web libero e partecipativo assume le sembianze di un luogo dove due, enormi e servizievoli, soggetti privati detengono potere e conoscenza sulla stragrande maggioranza delle nostre attività, presenti e future, con buona pace di tanti (troppi) nuovi player ancora affascinati dall’idea di replicabilità di esperienze di successi miliardari, e vecchi colossi costretti a ritirarsi sulla difensiva per tenere ben salde e protette le proprie certezze per non finire inglobati o scalzati definitivamente dal duopolio del digitale. Inizia a suonare tremendamente “piccolo” anche il nome di Microsoft, per fare un esempio.
Per certi versi si sfiora l’inquietante, ma se, come detto, questa situazione si è creata per investimenti e merito di chi ora “governa”, possiamo deliberatamente definirla sbagliata a prescindere?