Magazine Lavoro
Lo incontro (lo incontriamo) tutti i giorni, quando esco, quando usciamo. Per le strade, mentre passeggia, mentre cerca. E’ una persona disoccupata. Ha perso il lavoro. E’ un licenziato, un esubero, un esodato, un cassaintegrato, un precario. Non è salvato (in Italia) dal conclamato Jobs Act. Non sappiamo nulla di lui. Di come vive, come si arrangia, chi frequenta, come affronta i problemi. Ora lo possiamo meglio conoscere, vedere, ascoltare, seguire. E’ il protagonista, assai bene incarnato da Vincent Lindon (Palma d’oro a Cannes) del film di Stéphane Brizé “La legge del mercato”. Un titolo che descrive quel che succede in Francia, ma anche in Italia, anche nel resto del mondo. Quando le norme che regolano lo sviluppo economico travolgono le norme che regolano la compravendita non delle merci ma del lavoro. Tanto che qui, nel cuore dell’Europa, come dice il regista Brizé, “Il lavoro è diventato un lusso”.
Non è un film triste e lagnoso, quello presentato a Roma nel “Nuovo Sacher” di Nanni Moretti (con, tra gli ospiti, Susanna Camusso). Può apparire un documentario asettico ma di grande interesse. Racconta con precisione la storia di Thierry, 51 anni. Ha perso il lavoro da due anni. La sua azienda è stata “delocalizzata” altrove. Ovvero dove il lavoro costa meno. Spiega il regista che Thierry “non è stato licenziato perché non faceva bene il suo lavoro, è stato fatto fuori perché alcune persone volevano fare più soldi”.
Ora rischia di rimanere con 500 euro al mese di indennità per pagare il mutuo della abitazione e sostenere la moglie e il figlio handicappato che però è riuscito a studiare e a entrare nella facoltà di biologia. Che fare? Ecco Thierry passare in rassegna le varie trafile previste nel mercato del lavoro francese. Molto moderne e strutturate. Assai diverse dal nostro annaspare confuso. Non però prive di effetti devastanti. Così nel racconto dei corsi di formazione che costano soldi pubblici ma non costruiscono un sbocco lavorativo. Perché nei cantieri non ti assumono come gruista se non hai mai messo piede su una gru. Così con le interviste, modernamente via Skype, con un responsabile delle “risorse umane” che chiede “è disponibile a orari flessibili?”. Oppure: “accetterebbe una posizione inferiore a quella che occupava prima?”. Una domanda che può ricordare il nostro appena approvato “demansionamento”, ovvero abbassamento di qualifica.
Quesiti che mettono alla prova la docilità del disoccupato il quale risponde sempre si. Lui è testardo, vuole trovare una soluzione, è disposto a tutto. Anche per questo non ha accettato l’ipotesi dei propri antichi compagni di lavoro che volevano intraprendere la via giudiziaria (qui qualcosa ci ricorda il caso Fiat) nei confronti del padrone che fugge all’estero. Rimane paziente e docile anche quando lo incalzano su come prepararsi ai “colloqui” di lavoro, con critiche umilianti sulla sua “postura, il tono della voce, il “linguaggio del corpo”. Perché bisogna risultare “gradevoli” al reclutatore, al compratore. Perché quel corpo, quell’uomo , nella “legge del mercato”, è un prodotto e nulla più.
Thierry non si arrende e per vincere la depressione, la disperazione, frequenta anche un corso di ballo con la moglie, decide di vendere la “Mobile home”, una specie di roulotte, per poche migliaia di euro. Non se la sente invece di accettare i suggerimenti della consulente bancaria che con fredda competenza vorrebbe fargli vendere la casa per prenderne una in affitto, nonché fargli stipulare una assicurazione per lasciare qualcosa a moglie e figlio in caso di triste decesso. Lui vuole vivere.
Cosicché accetta un posto in un supermercato. E’ incaricato di seguire i piccoli furti dei clienti e magari di qualche commessa, attraverso 80 videocamere. Scopre un luogo intriso di paternalismo e autoritarismo. Come quando tutti i dipendenti, accanto al “boss”, intonano un coro per festeggiare la più anziana delle commesse che se ne va in pensione. Una famiglia, un luogo di amore e concordia. Ma la scure scatta implacabile quando si scopre che un’addetta alle casse ha fatto scorrere la sua tessera fedeltà acquisendo i punti di un cliente sprovvisto di tessera. Scoperta dalle telecamera e licenziata. E’ uno dei tanti casi. C’è l’anziano signore che ha nascosto in tasca dei pacchetti di carne. Potrebbe pagare e tornare a casa, ma ha finito i soldi della pensione e per obbedire alle regole si dovrà chiamare la polizia.
Thierry si contorce in questo mondo di povertà crescenti, fa il suo mestiere, scopre i colpevoli, li interroga, li ascolta. E alla fine ha come un moto di orrore, forse vede in loro se stesso. Va nello spogliatoio, lascia giacca e cravatta, la sua divisa da “occupato”. Il film non finisce, non da spiegazioni. Non dice come cambiare la “legge del mercato”. Qualcuno ci ha tentato, nel passato. Senza esito.