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Se il New York Times parla della Roma

Creato il 05 settembre 2011 da Anellidifum0

Se il New York Times parla della RomaBuffo e inusuale articolo del New York Times di ieri sulla A.S. Roma Calcio. Lo firma Michael J. Agovino, giornalista autore di The Bookmaker e tifoso yankee della Roma “fin dal 1982″; la data d’inizio del suo tifo, diciamocelo, per i puristi del calcio un po’ puzza. Il titolo del pezzo esprime una preoccupazione insolita per un quotidiano statunitense: “Temendo l’americanizzazione di Romolo e Remo“. All’interno, l’autore esprime i suoi dubbi riguardo alla recente acquisizione della Roma Calcio da parte dell’uomo d’affari bostoniano Thomas DiBenedetto.

Come americano e tifoso della Roma dal 1982“, scrive Agovino, “non voglio che uno yankee che potrebbe essere ignorante delle cose del calcio italiano tenti di trasformare il club della città eterna in qualcosa di troppo americano, nel nome di un buon investimento“. Agovino ci va giù pesante, e consiglio i lettori romanisti deboli di cuore di non continuare: “Non voglio che la Roma sia trasferita nel cuore della notte – la sua bacheca di trofei, per quanto possa essere esigua, custodisce 84 anni di memorie – a, diciamo, Indianapolis, per capitalizzare su un nuovo mercato potenzialmente eccitante. DiBenedetto non trasferirà la Roma al Lucas Oil Stadium, ovviamente, ma quando ho saputo di un restyling del logo del club, qualcosa di sacro nel calcio, ho pensato che qualunque cosa fosse possibile“. Agovino ha, insomma, paura che alla Lupa giallorossa venga sostituita un’immagine da cartone animato, tipica del Football Americano, magari con un bel cambio di colori sociali, verso qualcosa di più consono all’immaginario americano: “un blu metallico, argento e nero“.

Naturalmente Agovino esagera e un po’ scherza, ma non del tutto. Ricorda il fallimentare tentativo dell’imprenditore americano Malcolm Glazer, già proprietario dei Tampa Bay Buccaneers, che fra il 2003 e il 2005 comprò quantitativi crescenti di azioni del Manchester United, fino ad assumerne il controllo e a gettare la società nel caos di un debito da 850 milioni di dollari, che pensò di ripianare con un aumento dei prezzi dei biglietti (saliti del 42% dal 2005 a oggi). I tifosi del Manchester United, infuriati contro la nuova proprietà, arrivarono nel 2005 a fondare una società alternativa, il F.C. United of Manchester, che oggi milita nella Northern Premier League Premier Division. Agovino ricorda anche l’altro fallimento statunitense nel calcio europeo, quello di Tom Hicks e George Gillett Jr., che comprarono il Liverpool nel 2007 per poi doverlo rivendere nel 2010 a causa della massa di debiti e delle proteste dei tifosi contro la nuova proprietà.

Certo, ci sono stati anche dei casi meno sfortunati, come quelli del gruppo americano Fenway Sports Group (FSG) che hanno rilevato proprio il Liverpool da Hicks e Gillett Jr. e già erano proprietari dei Boston Red Sox. DiBenedetto è partner del gruppo FSG e quindi Agovino pensa di potersi rilassare, ma è anche vero che del Fenway Sports Group una firma del New York Times difficilmente parlerà male, considerato che la New York Times Company possiede circa il 16% della FSG…

Il resto dell’articolo, su quattro colonne a pagina 14 del dorso sportivo di domenica 4 settembre, traccia una fisionomia della Roma Calcio al pubblico americano, soffermandosi in particolare sul profilo dei proprietari precedenti, i Sensi, e su alcuni giocatori locali, come Totti (il cui soprannome di Er Pupone viene spiegato e tradotto come The Big Baby) e De Rossi (che nell’articolo diventa “Danielle De Rossi”). Agovino spiega che la Roma non è una squadra galattica, che non ha mai vinto tutto o molto, e che però non è nemmeno un team da poco, considerando che nel 2009-10 ha guadagnato 177 milioni di dollari, classificandosi al 18° posto nel mondo nella graduatoria dei club più ricchi del mondo, stilata da Deloitte.

A giudicare da come sono già andate male le cose per la nuova Roma di DiBenedetto in Europa League, c’è da pensare che quel 18° posto economico non sarà eguagliato. Vedremo se Agovino quest’anno avrà occasione di confermare le sue paure (e magari di scoprire che chi ha portato il calcio a Roma è stata la Lazio, la bellezza di 111 anni fa. Ma questa è un’altra storia).


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