L’Albania attualmente beneficia di un regime di abolizione dei visti per i propri cittadini che si recano in territorio Ue, tuttavia Rama ha criticato la riluttanza di Bruxelles ad estendere tale trattamento anche al Kosovo: «Il blocco comunitario dovrebbe pensare in maniera più strategica, e chiedere che i Balcani ne diventino parte il più presto possibile: allora, ovviamente, tutte le etnie della regione non avranno più bisogno di discutere di confini».
Dinanzi a queste dichiarazioni non si è fatta attendere la replica della Serbia: attraverso il proprio portavoce Marko Djuric il presidente Tomislav Nikolic ha accusato il premier albanese «di far suonare tamburi di guerra», mentre il Primo Ministro Vucic – via Twitter – ha dichiarato che Kosovo e Albania non saranno mai uniti e ha chiesto ai leader albanesi di smetterla di innescare tensioni nella regione.
Ma le dichiarazioni di Rama investono in pieno l’Unione Europea e la NATO, di cui l’Albania è membro, perchè l’ipotesi-unificazione perseguìta da Tirana rischia di creare una nuova Crimea nei Balcani meridionali. Rama è stato chiaro: la Grande Albania rinascerà inevitabilmente, che piaccia o no a Bruxelles e ai partner dell’Alleanza Atlantica. Se ciò dovesse avvenire, come si comporterebbero Ue e NATO nei confronti di Tirana? Se riconoscessero l’annessione del Kosovo per salvaguardare i propri rapporti politici e militari con l’Albania, andrebbero a contraddire un anno di ritorisioni economiche nei confronti della Russia, perchè a quel punto nulla più differirebbe tra il Kosovo e la Crimea: questo provocherebbe forti imbarazzi, poichè riconosciuta l’annessione albanese dell’ex provincia serba, Unione Europea e Alleanza Atlantica implicitamente andrebbero a considerare legittima anche quella russa della Penisola sul Mar Nero, contro la quale hanno varato diversi pacchetti di sanzioni che si sono però ritorte anche contro gli stessi esportatori europei verso la Russia.
Non solo: l’inglobamento del Kosovo all’interno dei confini albanesi genererebbe forti opposizioni da parte di Spagna e Grecia (membri Ue e NATO), che non hanno mai voluto riconoscere la legittimità del referendum secessionista con cui Pristina nel 2008 ha proclamato l’indipendenza da Belgrado. Indipendenza che, secondo la sentenza del luglio 2010 della Corte Internazionale di Giustizia, non ha violato il diritto internazionale solo perchè il diritto internazionale non contempla alcun divieto ad un popolo a rendersi indipendente: ma questo, secondo i giudici della CIG, non significa automaticamente che la secessione del Kosovo sia legittima. Tale discriminante ha portato appunto molti governi mondiali a ritardare il riconoscimento del Kosovo come Stato sovrano, il che gli impedisce ancora, a sei anni dalla sua indipendenza da Belgrado, di diventare formalmente uno Stato “generalmente riconosciuto” e di ottenere quindi un seggio al Palazzo di Vetro.
Ma la domanda a questo punto è se davvero il Kosovo ambisca a un futuro indipendente e sovrano. La Grande Albania è un sogno mai sopito al di là dell’Adriatico: uno stato etnicamente omogeneo che nasce dall’annessione, oltre che del Kosovo, di territori a maggioranza albanese sparsi tra la Serbia, il Montenegro, la Macedonia e la Grecia. Ecco perchè, dinanzi all’ipotesi di dover attendere chissà quanto prima di veder la sovranità del Kosovo riconosciuta in sede Onu, i kosovari potrebbero decidere di farsi annettere dall’Albania prima di diventare uno Stato sovrano a tutti gli effetti.
Del resto, gli abitanti del Kosovo hanno sempre guardato all’Albania come la terra della loro cultura, della loro lingua e dei loro avi. Fin da prima dell’indipendenza è parso chiaro più un senso di appartenenza verso l’Albania che un vero sentimento nazionale kosovaro. Per questo, se Pristina chiama, Tirana non tarderà a rispondere.