La nuova Panda si fa a Pomigliano. La nuova Panda mette il Mezzogiorno nel portabagagli e lo “esporterà” in quaranta mercati con i primi 230mila esemplari previsti per il 2012. Ma il portabagagli della utilitaria Fiat-Crysler è capiente abbastanza da metterci tutto il Sud? E’ evidente, da sola la Panda non basta e anche a volerla utilizzare come traino non ce la farebbe a portarsi dietro tutto il Sud perché il suo motore, pur scattante, non avrebbe i cavalli sufficienti. Eppure, la nuova Panda dello stabilimento di Pomigliano è già di per sé un piccolo miracolo, diciamo pure che rappresenta lo stato eccezionale in cui si trova il nostro Paese più dal punto di vista economico che da quello politico. Forse, la cosa più importante ieri è stata detta da Giovanni Sgambati, leader della Uilm Campania: “Farei notare che nella giornata di ieri è stato realizzato l’accordo nazionale per il Gruppo di Fiat seguendo proprio ciò che coraggiosamente i lavoratori ed i sindacati responsabili di Pomigliano avevano fatto nel 2010. Tenendo conto che questo investimento realizzato è una delle poche cose concrete degli ultimi 15 anni”. Ecco, la novità di rilievo sia per il Mezzogiorno sia per “il resto dell’Italia”, sta proprio qui: il “modello Pomigliano” proprio perché rappresenta un esperimento d’eccezione o una nuova strada è una delle poche cose concrete fatte nel campo economico e del mercato del lavoro negli ultimi 15 anni.
Vale la pena allora ricordare i termini contrattuali del “modello Pomigliano” che ora è diventato accordo nazionale tra i sindacati e la Fiat sulle relazioni industriali che di fatto, e di diritto, sono fuori dalla vecchia struttura contrattuale. L’accordo prevede un incremento del salario sul premio annuale e sugli straordinari e, soprattutto, fissa due punti base: una maggiore flessibilità del lavoro – turni, pause, straordinari, vincoli sull’assenteismo, tradizione questa di cui si è in passato abusato a Pomigliano - e stabilisce il principio che la rappresentanza sindacale in azienda c’è se il sindacato ha firmato il contratto. Un principio criticato dalla Fiom-Cgil, che infatti non ha firmato e non è presente in fabbrica, ma principio che si pratica negli Stati Uniti e vi fa riferimento anche lo statuto dei lavoratori di casa nostra. Di fatto, dunque, si può parlare del “modello Pomigliano” come di una soluzione eccezionale. La Fiom sostiene che ci si trova davanti a una rottura della democrazia. La Cgil fin qui ha seguito la Fiom, ma fino a quando potrà continuare a farlo è da vedere. Infatti, la Fiom, che pur era presente per tradizione negli stabilimenti Fiat in modo massiccio, ora non è già più maggioritaria. Del resto, non si può neanche immaginare che l’auto-esclusione di un sindacato dalla firma di un contratto possa generare il blocco del contratto medesimo e delle relazioni industriali. Prima o poi, dunque, la situazione dovrà essere sanata, soprattutto se la nuova Panda dimostrerà di ingranare bene la marcia.
Gli operai di Pomigliano sono 4.500 e finora sono in cassa integrazione. Entro il 31 dicembre terminerà la cassa integrazione per 1000 di loro e si ritornerà al lavoro con il nuovo contratto voluto fortemente da Sergio Marchionne. Proprio ieri Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, ha detto che la scelta di portare la produzione della nuova Panda dalla Polonia all’Italia “non è stata dettata da scelte economiche ma dal senso di responsabilità”. Quindi ha aggiunto: “Sappiamo che il mondo sta guardando l’Italia con grande preoccupazione, ma non è solo un compito della politica traghettare il paese fuori dalle acque pericolose, spetta a tutti. E’ un nostro dovere privilegiare il paese dove la Fiat ha le radici, dobbiamo essere all’altezza della nostra storia”. Parole da apprezzare quelle di Marchionne e che possono anche essere rese così: la produzione della nuova Panda non basta a mettere di nuovo in moto il Sud e l’Italia ma è un avvio necessario perché il rilancio italiano passa inevitabilmente dall’economia reale che è fatta prima di tutto dalle imprese e da chi vi lavora o aspira a lavorarci.
Dal Sud, risalendo verso il Nord, giunge un’altra buona notizia. Le officine di manutenzione dei treni ad alta velocità di ultima generazione – Italo di Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori) - sono nell’Interporto Campano di Nola grazie ad un investimento di 90 milioni per 250 addetti: il centro meccanico e di manutenzione è stato realizzato in appena 21 mesi. Visti i tempi biblici con cui si fanno le cose in Italia, è qualcosa di molto simile a un miracolo. Soprattutto è un’iniziativa privata realizzata con capitali italiani e anche il presidente della Repubblica ha voluto manifestare il suo apprezzamento: “E’ indispensabile che le imprese intensifichino gli investimenti nel nostro Paese puntando sull’innovazione dei processi produttivi e lo sviluppo delle potenzialità del Mezzogiorno”. Il treno Italo di Ntv, che si spera possa viaggiare a partire da marzo 2012 da Torino a Salerno, e che avrà le sue cure di manutenzione nelle Officine di Nola, è un prodotto italiano su cui puntare proprio perché il settore ferroviario è sempre stato visto, e non a torto, come un’arretratezza nazionale.
La nuova Panda di Pomigliano e il nuovo treno Italo di una compagnia privata di trasporto su ferro sono ottime notizie meridionali e italiane. Eppure, da soli non bastano perché sono solo l’inizio di un viaggio in cui ciò che deve muoversi è la “nuova Italia”.
tratto da Liberal del 15 dicembre 2011