Crediti: H. J. de Vega, P. Salucci e N. G. Sanchez.
In un articolo appena pubblicato fra le Monthly Notices della Royal Astronomical Society un gruppo di scienziati appartenenti all’Osservatorio di Parigi, all’Università Pierre e Marie Curie, e alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati di Trieste (SISSA), prova a descrivere le principali proprietà osservabili delle galassie con una teoria decisamente alternativa che mette al centro materia oscura e gravità.
Per saperne di più abbiamo raggiunto telefonicamente Paolo Salucci, professore associato di Cosmologia (Galaxies) alla SISSA di Trieste e fra gli autori dello studio.
«Basandoci su un approccio teorico che pone l’attenzione su materia oscura e gravità, abbiamo riprodotto le proprietà osservate nelle galassie: velocità circolare, distribuzione della densità, apporto fra massa, dimensione e velocità», spiega Salucci. «Ci sono indizi che ci spingono a ripensare gli esperimenti in corso, introducendo una distinzione fra quella che potremmo definire una materia oscura ‘tiepida’ e quella che, fino a ieri, i fisici hanno attribuito alle particelle ‘fredde’ come il neutralino».
L’Universo è composto per una percentuale pari al 25% (circa) di materia oscura. Una porzione di materia non direttamente osservabile, e che non emette radiazione elettromagnetica, come accade per la comune materia visibile (a temperature superiori allo zero assoluto) costituita da atomi. Materia invisibile, che si rivela agli occhi degli scienziati principalmente attraverso i suoi effetti gravitazionali. È uno dei componenti essenziali delle galassie che popolano l’Universo.
La percentuale di materia oscura all’interno della massa totale di una galassia varia a seconda della sua dimensione: si calcola una percentuale attorno al 95% per le galassie di grandi dimensioni (a spirale, ellittiche e altre ancora), per poi arrivare al 99,99% per strutture molto compatte, come nel caso di una galassia nana. Se teniamo conto di questo genere di proporzioni, è facile capire perché la materia oscura e la gravità giochino un ruolo decisivo nella formazione delle galassie.
L’approccio teorico del team di cui fa parte Salucci muove dall’ipotesi che si possa, in qualche modo, operare una distinzione fra una materia oscura ‘tiepida’, in contrapposizione con una materia oscura ‘fredda’. Le proprietà delle galassie mettono in crisi l’attuale definizione di materia oscura. Se fino a ieri si è creduto che fossero sufficienti le particelle di Neutralino per giustificarne l’esistenza, oggi i dati inerenti la distribuzione della massa all’interno delle galassie sembra suggerire che la natura della materia oscura debba essere più ‘calda’.
La warm dark matter sarebbe costituita da particelle con massa 100 milioni di volte superiore alle particelle di neutralino (100 geV circa): si parla infatti di neutrino sterile, con massa di 1 keV. Le particelle fredde sarebbero insomma più pesanti e lente, e nelle galassie si accentrerebbero in misura maggiore a quanto osservato.
«La materia oscura ‘tiepida’, se fermionica e di massa prossima a 1 KeV, manifesta proprietà quantistiche in grado di generare una forza repulsiva capace di agire anche contro la naturale forza di attrazione gravitazionale», prosegue Salucci. Questo spiegherebbe perché quest’ultima sembra indebolirsi al centro delle galassie. Ipotesi interessante per spiegare la struttura delle galassie, perché mette insieme proprietà quantistiche e gravitazionali della materia oscura. E trova la sua controparte nel metodo statistico utilizzato per le particelle atomiche, con la gravità che gioca il ruolo di potenziale elettrico.
Fuori dal modello standard delle particelle elementari è però necessario trovare le prove dirette dell’esistenza di queste particelle di materia oscura. Al momento non ci sono evidenze da esperimenti di laboratorio, né prove cosmologiche che la particella oscura sia un neutralino. Certo dopo tanti anni in cui si è investigata la materia oscura ‘fredda’ senza trovare la particella – e al contrario raccogliendo indizi di una sua non esistenza – può valere la pena costruire ex novo esperimenti con processi diversi, che si concentrino su una diversa particella, l’alternativa più tiepida.
«L’osservazione delle galassie fornisce forti indizi sull’esistenza di interazioni di tipo quantistico fra particella e particella, naturali in certi casi di particella tiepida”, spiega Salucci. Per il resto dovremo aspettare: anche per il neutrino sterile, la rilevazione passa in un apposito esperimento.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga