Coloro che guadagnano meno di un dollaro al giorno statisticamente costituiscono sull'intero pianeta il 13%.
Come viene speso questo modestissimo reddito dai loro possessori?
E ancora, visto che si parla di "povertà", come fare per alleviarla?
Una guida in tale direzione ci viene da un libro di due motivatissimi ricercatori in materia di Sviluppo del mitico MIT ossia il Massachusetts Institute of Tecnology.
Titolo del lavoro è "Poor Economics".
Esso è già in vendita negli Usa e, a breve, verrà proposto tradotto in Gran Bretagna e, probabilmente, anche in Italia.
Il metodo di lavoro di Banerjee e Duflo, i ricercatori, esula completamente da qualsiasi generalizzazione sullo sviluppo realizzato o mancato dei poveri ,così come risulta essere molto scettico sulle cifre" gonfiate" e quindi poco attendibili dei noti Rapporti ufficiali, che spesso il comune cittadino si ritrova a leggere.
Essi, per il loro studio, hanno fatto interviste sul campo.
Cioè hanno parlato con i diretti interessati: i poveri.
E cosa è emerso?
E' venuto fuori che il fallimento delle politiche governative, un po' dovunque, nei diversi continenti, scaturisce proprio dalla nostra"non conoscenza" effettiva dei poveri.
O meglio da quella che i Governi non hanno.
Un assunto, direi, fortemente provocatorio e perciò accattivante.
Prendendo il campione dei poveri che vivono con uno scarso dollaro al giorno, ad esempio, è emerso che quel dollaro non viene speso interamente in cibo.
In 18 Paesi il cibo rappresenta tra il 36% e il 79% del consumo dei poveri, che vivono contesti rurali, mentre piuttosto è il 53% e il 74% per quelli cittadini.
E per ogni aumento dell' 1% del reddito essi, i poveri, e consumano in cibo solo lo 0,67%.
E non si tratta, quasi sempre, di un aumento del numero di calorie quanto sopratutto della piacevolezza dei sapori.
Vedi il caso dello zucchero.
I poveri spendono il 7% del loro badget totale in zucchero che, come fonte di calorie, è più caro dei cereali e ha scarso valore nutrizionale.
A proposito di questo mi viene in mente(io bambina) l'Italia povera dell'immediato dopoguerra, anni'50, quando, se si voleva fare un regalo gradito ad una famiglia di parenti o conoscenti ,si regalava appunto dello zucchero.
"Poor Economics" ci pone un sacco d'interrogativi, che scopriremo nel corso della lettura, ma ci dice anche che ogni anno muoiono 9 milioni di bambini, figli di questi poveri, e muoiono febbricitanti, per cause banali come una diarrea, per mancanza assoluta di reidratazione.
Reidrazione che potrebbe avvenire utilizzando appunto acqua arricchita con zucchero e comunissimo sale.
Il libro sostanzialmente vuole far riflettere la società cosiddetta opulenta(ma di opulenza in giro di questi tempi ce n 'è poca!!!) sull' efficacia vera di un aiuto ai poveri.
Essa efficacia dipende ,secondo i due ricercatori del MIT, principalmente dall'informazione , che hanno i poveri su come fare fronte ai propri problemi. Solitamente invece l'informazione è insufficiente o sbagliata.
E poi dalla razionalizzazione , adeguata o meno, di ogni problema da affrontare e risolvere.
Interessante è comunque questo dato estrapolato e che riguarda, a proposito di ricchi e poveri, le disuguaglianze nel mondo.
L'Italia attualmente risulta essere addirittura al 52° posto della graduatoria Gini (peggio dell'Egitto) e gli USA al 74°, preceduti da Turchia e Tunisia.
Insomma, a lettura ultimata, sicuramente dovremmo tutti rivedere i nostri parametri di valutazione a proposito di sviluppo, di ricchezza e di povertà.
E non sarà affatto un male. Anzi.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)