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Se la scuola è tutto

Creato il 15 maggio 2011 da Mdeconca
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Se la scuola è tuttoLeggo con interesse un articolo di Roberto Casati (Uno spazio protetto, partiamo dalla scuola, in “Il Sole24Ore”, supplemento “Domenica”, del 15 maggio, p.14), in cui si riprende l’annoso problema degli italiani che leggono poco.

Nell’articolo si cerca anche di individuare delle possibili strategie per incentivare il consumo di libri e di cultura, spingere cioè fin da piccoli a leggere. L’idea è quella della biblioteca di classe, dell’inserimento di percorsi dedicati agli alunni perché si possano avvicinare alla lettura.
Intenti nobili, si capisce, anche se poco realistici ed efficaci, non per mancanza di disponibilità o di mezzi, ma un inevitabile scarto culturale fra la scuola ed il resto.

E’ facile e quasi ormai scontato demandare tutto alla scuola: l’istruzione, l’educazione, la formazione. La scuola è centro di aggregazione; grazie alle sue competenze professionali è sempre più spesso luogo di supporto sociale e psicologico. Ma è soprattutto motore culturale.
Dove il problema? Il problema è in ciò che circonda la scuola, ovvero nel contesto ‘ostile’ in cui opera.

Proviamo a leggere un’analisi sugli italiani e la lettura:

L’Italia è in Europa agli ultimi posti per quantità di libri comprati.Ogni italiano spende 65 euro l’anno in libreria, contro i 208 della Norvegia, il paese in cui gli scaffali di casa sono più pesanti.

Non sapere, non conoscere, ignorare condanna l’Italia ad essere nelle mani di persone incompetenti e certi “esamini” fatti ai nostri parlamentari lo denunciano. Spesso ci arrabbiamo perche all’estero tutto funziona meglio ed è normale, poiché il senso civico si sviluppa con il sapere; non si può amare ciò di cui non si conosce appieno il valore. Essere ignoranti ci rende indifferenti all’arte, alla cultura e alla sua conservazione, valorizzazione e promozione.

Chi non ci crede sappia che esiste un rapporto diretto fra la quantità di libri letti e la crescita del Pil, quindi si guadagna meno.

Nel nostro paese le persone che acquistano libri sono sempre più ricche, colte, istruite, desiderose di crescere ancora come persone e anche concentrate al nord. La forbice purtroppo si è aperta enormemente.

(citazione da Gli italiani leggono poco e il mondo ci sta doppiano, da Un mondo di italiani)

Nella lettura -di riflesso nella cultura- non si investe! Siamo un Paese che investe solo l’1,3% del proprio PIL in ricerca (a fronte dell’obiettivo del 13% fissato da Lisbona). Siamo un Paese in cui spopolano i talk show, i reality, dove i programmi culturali televisivi sono relegati in seconda se non terza serata o addirittura a notte fonda, siamo un paese dove proliferano giornali scandalistici, case editrici troppo piccole.

Alla fine il problema mi sembra ben posto, ma poco sviluppato. Partiamo dalle scuole, ma non limitiamoci alle scuole e soprattutto non facciamo della lettura un mondo protetto.
La scuola, nella vita di uno scolaro, è soltanto un momento molto spesso in controtendenza rispetto al mondo esterno alla scuola, pertanto lo sforzo

A scuola si fa grammatica, la televisione fornisce esempi sgrammaticati e scorretti nei quali gli alunni si rispecchiamo più facilmente. A questo punto delle due l’una: o decidiamo di abbandonare la grammatica e ci pieghiamo alla faciloneria ignorante del tubo catodico (una guerra contro la TV risulta persa in partenza), oppure ci muoviamo perché nei piani alti sia definita una politica per la cultura seria e coerente.
In realtà questi due mondi si scontrano perché fa comodo

In questo senso prima ancora di fare politica per la cultura, ci si dovrà impegnare a fornire una cultura alla politica, una cultura del bene pubblico, dell’affermazione attraverso la determinazione del proprio individuale pensiero, una cultura della tolleranza e della curiosità per il diverso.
Siamo pronti per tutto questo?


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