Magazine Cultura
E' questa la domanda che, ancora una volta, Maurizio Cucchi ha lanciato dalle pagine di Tuttolibri, recensendo il libro di Davide Rondoni Contro la letteratura.
E dunque, a prescindere dal fatto che il titolo sembra offrire già una risposta convinta – La poesia vive solo lontano dalla scuola – non è che la questione sia proprio peregrina. Merita di pensarci sopra: e il tarlo è un pezzetto che scava.
Rondoni (che non ho ancora letto) pare piuttosto netto nel suo giudizio:
La letteratura non è una materia da imparare a scuola, ma un'attitudine da non perdere per conoscere il mondo e se stessi.
Allora, perché imporla in classe, perché farne obbligo scolastico? Perché non restituirla alla facoltà di un insegnamento facoltativo?
Bella questione, che non vale solo per la poesia. Sono parecchie le cose che a scuola ci provocano irritazione o peggio ancora indifferenza per essere riscoperte solo anni e anni più tardi, quando la nostalgia vale persino per le interrogazioni alla lavagna.
E' vero, a scuola ci si può disamorare della poesia e della letteratura in genere. Però è anche vero che con certi insegnanti poi scocca la scintilla giusta (che sarei stato io senza la mia professoressa di italiano che già in terza media mi faceva leggere Dino Buzzati e Jean Paul Sartre?)
Non credo all'insegnamento facoltativo, credo che a tutti debba essere data la straordinarietà opportunità della parola poetica. Una provocazione, in fondo: per dire che la bellezza, la profondità dell'arte, non si possono tradurre in nozione, in voto. E che anche in un'aula si può alimentare l'emozione.
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