“Unità nella diversità, modelli e caratteristiche di partito in America Latina ed Europa”. È il titolo dell’incontro organizzato dal Dipartimento per le Relazioni Internazionali del Partido Revolución Democrática (PRD), seconda forza politica del Messico e prima della coalizione progressista che include anche il Partito del Trabajo (PT) e il Movimiento Ciudadano (MC).
Tra gli invitati il PD italiano, il PSOE spagnolo, il Fronte Ampio dell’Uruguay, il Fronte Farabundo Martí di El Salvador, il Partito del Lavoro (PT) brasiliano, cui appartengono la presidentessa Dilma Roussef e l’ex capo di stato Ignacio Lula da Silva, il Partito Socialista del Cile, oggi all’opposizione contro il “Berlusconi cileno” Sebastián Piñera, e il Socialista Unito del Venezuela. Modelli, alleanze e storie diverse per affrontare problemi che spesso sono comuni e trascendono la dimensione nazionale: dall’Europa in crisi all’America Latina della “nuova ondata progressista”.
La sinistra messicana e il loro candidato, Andrés Manuel López Obrador, hanno ottenuto un risultato storico alle elezioni presidenziali del primo luglio scorso, anche se il Partido Revolucionario Institucional (PRI) è risultato vincitore. Il PRI era già stato al potere per 71 anni finché nel 2000 c’è stata l’alternanza con il conservatore AcciónNacional (PAN).
Enrique Peña del PRI, fortemente sostenuto dalle televisioni private TeleVisa e TV Azteca, ha ottenuto il 38% dei voti in mezzo a proteste popolari e denunce sul finanziamento illecito della campagna elettorale e le pratiche di compravendita del voto del suo partito. Il primo dicembre diventerà ufficialmente presidente degli Stati Uniti Messicani.
Nel 2006, invece, Obrador aveva perso contro l’attuale presidente Felipe Calderón del PAN per un pugno di voti, un scarto minore allo 0,5%. Denunciò brogli elettorali e cominciò un processo di resistenza civile pacifica che lo portò a costituire il Movimento di Rigenerazione Nazionale (MoReNa).
Obrador ha ora annunciato la probabile prossima trasformazione di MoReNa in un nuovo partito politico che si collocherà più a sinistra rispetto al PRD, da cui s’è separato “amichevolmente”.Si ripropone dunque una divisione storica che ha caratterizzato con intensità e modalità diverse le varie anime della sinistra in tanti paesi latino americani ed europei.
In questo contesto parlamentari e rappresentanti di alcuni partiti progressisti europei e latino-americani si sono riuniti in una due giorni serratissima per discutere delle loro esperienze storiche di governo e opposizione nella ricerca dell’unità. Ai due lati dell’Atlantico le problematiche non sono poi così diverse.
Anche in vista della scissione a sinistra di Obrador “il PRD ha convocato questo forum per nutrirsi delle migliori pratiche dei governi progressisti e arricchire il dibattito su come indirizzare in modo ordinato e civile la diversità e la pluralità di cui deve sentirsi orgoglioso”, ha dichiarato Jesús Zambrano, presidente del partito.
Negli ultimi anni sono stati tanti i partiti e le coalizioni di sinistra che in America Latina hanno assunto responsabilità di governo. Venezuela, Brasile, Uruguay, Ecuador, Bolivia, Nicaragua, El Salvador, Cile e Argentina”cominciano a diventare dei punti di riferimento per il resto del continente e del mondo”, come ha dichiarato a l’Unità il responsabile giustizia del PD, l’Onorevole Andrea Orlando (intervista completa link).
“L’Italia come la Spagna può avere un ruolo di ponte tenendo presente che non è solo importante o utile, ma persino conveniente avere una capacita di mediazione tra centri e motori diversi del progressismo, perché credo che un effetto che la crisi sta provocando è la fine dell’eurocentrismo”, ha precisato Orlando. In alleanza con altre forze o da sole le sinistre latino americane hanno dovuto ripensare la relazione con la componente “moderata” dello spettro politico nazionale che è un tema attuale anche nell’arena politica europea e, in particolare, in quella italiana che si prepara alle elezioni del 2013.
“C’è una rinascita delle idee delle sinistre nella lotta istituzionale anche in Europa dato che per molto tempo le socialdemocrazie hanno difeso politiche neoliberiste che le hanno allontanate dalle basi storiche, ma oggi ci sono nuovi soggetti in costituzione per presentare vie d’uscita a sinistra, vista la crisi e gli eccessi del rigorismo neoliberista”, spiega a l’Unità Renato Simoes, ex deputato e Segretario per i movimenti sociali del PT brasiliano.
“Ci sono denominatori comuni a tutti i livelli, dallo scambio di forme organizzative della vita di partito alla politica pubblica locale e alla solidarietà internazionale su questioni di principio e nel sostegno alle lotte dei movimenti sociali e dei popoli”, ha concluso Simoes.
L’esperienza del PT è emblematica dato che ha ricevuto accuse di eccessivo “pragmatismo” e ha dovuto sacrificare alcuni elementi ideologici e programmatici di lungo periodo per poter governare un paese così complesso e socialmente eterogeneo come il Brasile. Malgrado quest’apparente contraddizione, dopo i due mandati quadriennali di Lula e i primi due anni della Roussef, il gigante sudamericano è riuscito a dimezzare gli indici di povertà mantenendo una crescita accettabile e i fondamentali macroeconomici in ordine.
La sfida dell’unità nella diversità è stata raccolta nella capitale azteca e riparte quindi per il resto dell’America Latina. Ma anche per l’Europa sfiancata dalla crisi che ricomincia a nutrirsi dell’esperienza del continente latino-americano.
Twitter @FabrizioLorusso