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Se la talpa è senza occhiali

Creato il 18 gennaio 2012 da Ilgrandemarziano
Se la talpa è senza occhialiStando a quello che per lo più ti capita di leggere in giro, ti immagini una meraviglia, la spy story definitiva, quella che avremmo sempre voluto vedere e che, almeno di recente, ci era sempre stata negata. Magari non il capolavoro assoluto, forse per il tanto necessario quanto scomodo paragone con la sua celebre controparte narrativa da cui è tratto, ma comunque un film notevole, di spessore, contrassegnato da grandi performance dietro e davanti la macchina da presa. Insomma, se le vai a vedere, la stragrande maggioranza delle recensioni de La talpa sono infiocchettate di crema morbida e vellutata come decorate con sac-a-poche capaci di stemperare anche il più piccolo grumo venuto male. Le stelline piovono come la notte di San Lorenzo e i voti da primo della classe (per lo meno dove ho visto io) fioccano, perché nel film tutto pare funzionare come un ben oliato meccanismo a orologeria: le scenografie, i costumi, i movimenti di macchina, fino alle maschere silenti e dolenti di Oldman e compagni, pedine (date le circostanze, è proprio il caso di dirlo) di un gioco più grande di loro dove in palio c'è nientemeno che la vita stessa.
Invece no.
Il film non funziona.
Il film non gira.
Il film è un (clamoroso) flop.
Se la talpa è senza occhialiPerché se da un lato tutto quello che ho detto sopra sulla regia, le inquadrature, gli attori, per non parlare di una fantastica Londra anni '70, livida, fredda e tormentata come le stesse anime del Circus, è vero, in altre parole queste cose funzionano parecchio bene, dall'altro c'è invece qualcosa che non va affatto. E non è qualcosa che si può trascurare così a cuor leggero. Perché quello che ne La talpa fa acqua da tutte le parti è - nientepopodimenoché - la sceneggiatura, ovvero l'insieme di tutte quelle scelte registiche di contorno (o le loro omissioni) che hanno fatto sì che alla fine tu esca dal cinema inseguendo uno sbadiglio e ritrovandoti appeso alla schiena a tradimento un punto interrogativo grande così, a corollario della sgradevole impressione di non averci capito niente. E benché tu sia stato attento (perché tu lo sai bene come sono questi dannati film di spionaggio sempre così intricati) e abbia cercato di non perderti neanche una battuta, nessun dettaglio, il non detto - ma significativo - di un sopracciglio che si alza, e abbia cercato di tenere la concentrazione focalizzata sulla sequenza delle scene, destreggiandoti tra la storia presente e i suoi ripetuti flashback, alla fine ti sei trovato spesso, troppo spesso, dentro una nuova sequenza chiedendoti (invano) in che termini questa si mettesse in relazione con le precedenti, non riuscendo così - alla fine - a far quadrare decisamente troppi pezzi del puzzle.
Se la talpa è senza occhialiEbbene, a mio avviso il film, soprattutto nella sua seconda parte, difetta in maniera cruciale nella gestione del flusso di informazioni che dovrebbero essere fornite allo spettatore per consentirgli di uscire agevolmente dal labirinto paludoso dell'intrigo. E l'impressione finale è dunque che Tomas Alfredson abbia preferito sacrificare la comprensibilità della vicenda sull'altare della purezza e dell'estetica cinematografica, che pur innegabilmente ci sono, ma che non bastano da sole a evitare al film la figura finale di una grande occasione buttata nel Tamigi.
Dunque la domanda conclusiva che non posso fare a meno di pormi è la seguente: ma tutte queste recensioni entusiastiche che ho letto in giro sono frutto di genî del cinema, di accaniti lettori di Le Carré, di cui avevano letto l'omonimo romanzo e dunque partivano avvantaggiati, oppure sono solo persone che non hanno avuto il coraggio di riconoscere di non averci capito un cazzo solo per il timore di farci la figura dei fessi?

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