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Se Laura... (capitolo 1)

Creato il 20 ottobre 2010 da Danielemorrone
George Byron diceva: “Se Laura fosse stata la moglie del Petrarca, pensate che lui avrebbe scritto sonetti per tutta la vita?”  A noi restano i suoi scritti, d’accordo, ma andatelo a chiedere al Petrarca, cosa avrebbe preferito!  Mi par di vedere questo pover’uomo passare tutta la vita a ciondolare da una sedia all’altra sospirarando il nome di lei, a consumarsi d’amore, a scrivere fiumi di parole, chilometrate di lettere, un intero Canzoniere, a martoriarsi il cervello sbattendo la testa contro il muro, per capire cosa escogitare per conquistarla.Se Laura... (capitolo 1)  E lei, Laura?   Niente. Nisba.  Come se non bastasse, Lui continuò imperterrito a scriverle sonetti  -  ben centotre, mica uno! – anche dopo la morte di lei.  Se considerate che Petrarca morì  nel 1374 e incontrò Laura per la prima volta nel 1327, il calcolo è presto fatto: questo poveretto si è massacrato l’esistenza per ben 47 anni, mica chiacchiere!    Molto meglio sarebbe stato, secondo me, andare da lei e dirle:
“Senti Cocca, qua bisogna prendere provvedimenti: è da quando ti ho vista la prima volta che non ho pace e non dormo più la notte. Ogni qualvolta ti incontro balbetto come un deficiente. Arrivare a casa diventa sistematicamente un’impresa titanica perché, tanto son rapito dal pensiero tuo, non ricordo più la strada ritrovandomi ogni volta a Grosseto invece che ad Arezzo, dove vivo. A fare avanti e indietro ho i piedi gonfi come canotti, e non si riesce a trovare un taxi nemmeno a pagarlo una paccata di sonetti. Ieri sera ho pure rischiato di essere arrestato per vagabondaggio. Una faticaccia, credimi. Concediti e facciamola finita!”
  Macchè!  Lui zitto e giù a scrivere.
  A distanza di secoli è ancora lì che scrive, tanto che nell’aldilà  hanno dovuto varare una manovra correttiva alla finanziaria per comprargli vagonate di carta, penne e calamai, che non si sa più dove metterli. Hanno persino  dovuto riscrivere il Piano Regolatore, per prevedere ettari di capannoni necessari ad infilarci i suoi papiri.   Di tanto in tanto Lui rincontra Laura, continua a balbettare come un deficiente e a non trovare la strada di casa, ma lei niente. Nemmeno un caffè in piedi.
  Aveva proprio ragione Oscar Wilde, quando diceva che il mistero dell’amore è più grande del mistero della morte!    Non sono il Petrarca, evidentemente, e ogni paragone sarebbe a dir poco blasfemo.  Se me lo concedete, però, io un po’ più fortunato di Lui lo sono stato, e per almeno due ragioni.  Intanto non so se Laura fosse, esteticamente parlando,  tutto questo granchè. Invece la mia “Laura”, ragazzi miei, era certamente da urlo.  E poi io, almeno, sono stato corrisposto per un po’, non mi sono angustiato il cervello per nulla, per un’idea e basta!  Voi starete pensando, però, che se sono qui a riempire queste pagine è perché sì sono stato corrisposto, ma poi sono anche stato mollato, altrimenti che ci starei a fare?  Giusto.  Siete crudeli a ricordarmelo, ma è giusto. Avete ragione.  E allora?  Perché, voi non siete mai stati mollati??
  Faccio due conti: l’ho conosciuta oltre cinque anni fa e mi ha mollato da qualche mese. Vista la tranvata che ho preso e se i conti sono esatti, occhio e croce fra 41 anni, 6 mesi, tre o quattro giorni e una manciata di minuti, il Guinness dei Primati per la pena d’amore più lunga sarà mio, alla faccia del Petrarca. Per l'aldilà, vedremo.  Tutti i segnali, d’altronde, indicano questa direzione.  Oddio, se proprio devo dirla tutta farei volentieri a meno di vincere questo primato, ma tant’è. Bisogna accontentarsi di quello che la vita dà.  E La vita a me ha dato molto, per la verità.  Aver conosciuto la mia “Laura”, aver potuto vivere i suoi occhi, i suoi sorrisi, l’aver potuto asciugare le sue lacrime, l’essermi potuto nutrire dei suoi sospiri, inebriare del suo profumo, perdere nel suono della sua voce, è stato il dono più prezioso in assoluto.  Ripercorrere le emozioni, le sensazioni, i ricordi di un amore così importante, poi, dovrebbe essere per tutti un momento per fermarsi un po’ e cercare di capire.  A volte si trascura di farlo, presi come si è ad inseguire affannosamente qualcosa che non esiste, se non nella nostra immaginazione.  E’ importante fermarci. Per capire come mai spesso abbiamo tra le dita ciò che cerchiamo da sempre, ma i nostri occhi continuano comunque a volgersi verso l’orizzonte, a perdersi nell’infinito. Guardano sempre altrove senza mai posarsi giù, dove invece scoprirebbero che ciò che stiamo cercando è lì, ed è già nostro.  Le nostre dita si allentano distratte, e non ci accorgiamo che ciò che abbiamo di più prezioso ci sta scivolando via, ed allora lo avremo perso per sempre.  Fermarsi è importante. Per comprendere che nella frenesia non si trova mai la pace, che nella spasmodica ricerca di qualcosa, alla fine, si dimentica  ciò che si stava realmente  cercando.  Quando ci si rende conto di questo e ci si ferma, però, ormai si è soli.Soli, a leccarsi le ferite di una battaglia impari, perché è impossibile lottare contro la propria inettitudine e illudersi di poterla sconfiggere.

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