Il giorno di Natale del 2011 se ne va un grande uomo della storia del giornalismo italiano: Giorgio Bocca. Era il 1920, durante un caldo, caldissimo 18 agosto, che Bocca nasce, in una casa di collina a Cuneo, da una famiglia della media borghesia di inizio secolo. Bocca cresce in una condizione sociale tipica della medio borghesia piemontese, studia, va a scuola fa sport, si iscriverà a giurisprudenza e, costretto dall’epoca si iscrive al Gruppo Universitario Fascista. Le prime collaborazioni giornalistiche sono con il foglio cuneese del Partito Nazionale Fascista, esprimendo posizioni e idee vicine al partito. Presto però si ribella e, grazie alla nota amicizia con Benedetto Dalmastro, amico di Duccio Galimbertidopo l’8 settembre, Giorgio Bocca aderisce alla lotta partigiana. Nel 1945 sarà Bocca a firmare le condanne a morte di cinque prigionieri dell’esercito della Repubblica Sociale.
Bocca ha la passione dello scrivere e collabora con diverse testaste quali L’Europeo , Il Giorno, e non contento con Eugenio Scalfari, nel 1976 è tra i fondatori di Repubblica.
La penna di Bocca è lucida, fugace e persino cattiva, ma mai nessuno osa replicare ad uno scritto di Bocca.