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Se non avessi letto quel libro

Creato il 11 ottobre 2015 da Giovanni Fonghini @giannifonghini
Nel 1986 acquistai in un circolo culturale di alcuni amici un libro, fondamentale nella mia formazione politica da lì in poi. Il libro era "Noi rivoluzionari" scritto da Adalberto Baldoni.
A 40 anni dalla nascita del MSI quel libro ebbe il pregio di descrivere, dal di dentro, la storia del cammino del partito evitando il tono celebrativo e senza avere paura di descrivere gli errori compiuti. Grazie a quel libro iniziai pure a conoscere l'operato politico di Beppe Niccolai. Scrisse infatti lui la prefazione, sotto forma di lettera all'autore.
Nella prefazione Niccolai non si tira indietro quando si tratta di analizzare i passi falsi della classe dirigente missina. Le tematiche affrontate verranno sviluppate negli anni seguenti. Diventerà una delle principali voci critiche e più lucide della comunità missina e non gli mancheranno gli apprezzamenti da parte di alcuni avversari politici. Niccolai non esita ad affondare il coltello nella piaga, ma lo fa non con l'acrimonia ma con l'amore e la passione di chi ha militato in quel partito sin dai primi anni. Vuole quel partito - anzi "movimento" - diverso da come è diventato, vuole che non smarrisca la sua identità senza chiudersi in se stesso. Incoraggia il dialogo con altre parti politiche non con l'obiettivo di spartirsi poltrone, ma nell'esclusivo interesse di servire sempre meglio la propria nazione, che deve riappropriarsi della propria sovranità. Nella prefazione, pubblicata per intero anche in questo sito, Niccolai scrive a Baldoni sulle proteste dei giovani nel 1968: "...Una sconfitta con effetti devastanti; e tu, caro Adalberto, con l'esposizione dei fatti, ce la dipani sotto i nostri occhi. Perché, non solo quella "scelta" sciagurata di difendere, contro i giovani, Governo e Sistema, riportava la partitocrazia là dove era stata cacciata, ma riattizzando i vecchi rancori della guerra civile, le vecchie contrapposizioni fascismo-antifascismo, dava avvio, nelle fila della destra giovane, a quella diaspora che doveva portare tanti suoi giovani, o al disimpegno politico, o, ahimè, alla scelta disperata della lotta armata. Dolore, sangue. Fatto singolare, caro Baldoni: una vicenda che ha marcato, come il tuo libro testimonia, la vita del MSI, non è oggetto di analisi da parte della classe politica di vertice del MSI...".
A proposito della strategia culturale del partito così scrive Niccolai nella prefazione citata: "...C'erano libri e l'indottrinamento di Evola, ma anche quelli di Giovanni Gentile. C'era sullo sfondo il contrastante lascito poetico di D'Annunzio e di Marinetti, la pittura di Soffici e Sironi; il teatro di Pirandello, la musica di Mascagni; i lauri accademici di Guglielmo Marconi; l'impronta delle grandi riviste fiorentine  del primo '900 con il vivace ingegno di Papini, la seminagione di Pareto, di Sorel, di Rensi, di Spengler; poi la riscoperta dei francesi da Peguy, a Barrés, a Maurras, a Drieu La Rochelle. C'erano, vivi accanto a noi, Carlo Costamagna, Gioacchino Volpe, un linguista come Antonio Pagliaro; c'erano Leo Longanesi, Giuseppe Prezzolini...Potrei continuare a snocciolare nomi che valgono quanto e più di Plebe; eppure quell'affermazione del filosofo marxista, che sostiene di aver portato a destra la cultura, non è solo frutto della sua vanità. E' doveroso ammetterlo, in un altrettanto generoso esame di coscienza collettivo: siamo stati tutti responsabili di aver fatto credere ad Armando Plebe che solo lui, stregone bianco, era stato capace di portare la cultura nella nostra tribù. Perché?...".
Vola alto la sua visione politica, per rivolgesi a tutti gli italiani, nel segno del superamento delle contrapposizioni ereditate dalla guerra civile. Niccolai riscopre e dà nuovo vigore alla vocazione sociale del MSI. Si parlerà in quegli anni di "socialismo tricolore". I precedenti storici si potevano agevolmente rintracciare, oltre che nel fascismo delle origini, nella legislazione sociale del regime fascista e nella RSI, che l'elemento "sociale" lo portava persino nel nome.
Guarda al futuro Niccolai, al 2000 che si avvicina (quando morirà nel mese di ottobre del 1989 il terzo millennio non è molto lontano). Intravede già in quegli anni la crisi del ruolo della politica, che esploderà nei giorni nostri con il suo totale asservimento nei confronti non tanto dell'economia produttiva, bensì della finanza. Scrive Niccolai a proposito del debito mondiale: "...La sofferta denuncia di Ezra Pound sull'usura diventa attuale. Intere nazioni sono nelle mani di poche banche private, il Fondo monetario internazionale fissa le regole alle quali debbono conformarsi i paesi che vogliono ancora usufruire dei crediti internazionali: il potere passa dagli Stati ai consigli d'amministrazione, dalla politica alla finanza...".
E' un mondo sempre più profondamente ingiusto quello attuale, ancora più ingiusto di come lo era nel 1986 quando così concludeva, nel segno di una speranza fattiva e costruttrice, Niccolai la prefazione più volte citata: "...Occorre misurarci. Le tensioni sembrano spente. I nuovi feticci egoistico-mondani sembrano trionfare. Se devo essere sincero, caro Adalberto, a questi giovani, pieni di ragionevolezza, preferisco gli inquieti di ieri. Con gli immoti e i pigri, a mio parere, non si fabbrica nulla. Ma io ritengo che i pensieri caldi torneranno a scaldarci. Il tuo libro, intanto, ci rende inquieti. Te ne ringrazio. Giuseppe Niccolai" .
Giovanni Fonghini
per approfondimenti:
sito www.beppeniccolai.org
Adalberto Baldoni, Noi rivoluzionari, Roma, Settimo Sigillo, 1986
Alessandro Amorese, Beppe Niccolai Il missino e l'eretico, Massa, Eclettica Edizioni, 2010

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