Sperando che non si crei quell’atmosfera da gineceo per sostenere tesi come “Io sono brutta (ma anche normalmente carina) ma ho studiato, fatto sacrifici e vaffunculo tu sei una troia e sei e sarai sempre la concubina del re”, domenica parteciperò alla manifestazione a Napoli. (dalle 10.30 tra piazza Matteotti e piazza Dante).
Se non ora quando, non rappresenta per me solo lo slogan di donne indignate ma è la mia ferma volontà e voglia di fare qualcosa, di contare quanti siamo, di vedere dove stiamo andando o se mai andremo da qualche parte. Perché più giù, nella tanto millantata “altra parte del Mediterraneo”, sono scesi in piazza lasciando anche i morti a terra e col sacrificio stanno muovendo qualcosa e smuovendo le coscienze del Nord Africa (o quanto meno stanno facendo pensare a quelli che si trovano dall’altra parte del Mediterraneo rispetto a loro, cioè alcuni di noi, “Sono così disperati da scendere veramente in piazza”). Qui questa disperazione è più che altro un fantasma perché il pane ad un euro e cinquanta lo compriamo ancora e a dicembre, anche se in cassa integrazione, c’è comunque la tredicesima e quindi possiamo permetterci di indignarci, per ora, anche solo come genere.
Che B. debba andare a casa spero sia un assunto chiaro anche alle pietre, che debba andar via non solo perché va con le prostitute ma perché è indecoroso come uomo e come capo di governo, laddove indecoroso significa che è un corruttore, che ha intrattenuto e intrattiene rapporti con la malavita, che detiene quasi il potere totale sull’informazione, che né lui né la sua maggioranza hanno fatto niente di buono per questo paese, forse è un po’ meno chiaro come concetto. Ed è su questo, al di là della sacrosanta e giustificata indignazione di genere, che si dovrebbe battere.
Se non ora quando, prenderemo al volo, come nazione, l’occasione di fare molto più rumore e paura?
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