Nella calda estate del 1996 in Corso Sempione a Milano, stando a quanto letto sul Corriere della Sera in un articolo a firma di Giulio Nascimbeni, l’immagine di una Chevolet prodotta da una casa automobilistica svedese faceva bella mostra di sé sopra un cartellone pubblicitario. La macchina aveva bel tettuccio apribile in modo da dare l’idea di liberazione dall’oppressione dell’afa. Lo slogan della casa automobilistica svedese recitava “Se non ora, quando? Il Nascimbeni è perplesso in quanto Se non ora quando? è il titolo di un romanzo di Primo Levi ,che vinse nel 1982 il Premio Viareggio e il Premio Campiello, che racconta l’epopea di alcuni partigiani ebrei russi e polacchi che percorrono tutta l’Europa, dal luglio 1943 all’agosto 1945, e combattono la loro guerra contro i nazisti invasori. Il titolo è tratto dal Pirké Avoth (Le massime dei Padri, sec. II d.C., raccolta compresa nel Talmud): “Se non sono io per me, chi sarà per me? E quand’anche io pensi a me, che cosa sono io? E se non ora, quando?” La perplessità dell’autore dell’articolo nasce dalla considerazione che i titoli dei libri sono coperti da copyright e a maggior ragione il titolo di questo libro dovrebbe essere coperto da copyright anche morale in quanto scritto da un autore di alta levatura morale come Primo Levi, che ha raccontato nei suoi scritti l’orrore e il dolore, orrore e dolore vissuti sulla sua pelle. L’intero articolo si può leggere qui.
Siamo nel 2011 ed ecco che il titolo del libro rispunta assumendo un’altra forma, si fa portatore di un’altra idea. Nella forma originale era l’idea della liberazione dall’oppressione del nazismo, nel 1996 assume la veste un po’ fuori dalle righe di liberazione dall’afa, nel 2011 assume, tramite appello a manifestare il 13 febbraio (qui elenco degli appuntamenti città per città), forma di liberazione da una certa idea di oppressione subita dalle donne.
Sono le donne oggetto del desiderio da possedere e poi gettare?
Sono le donne carne da spolpare?
Sono le donne merce da comprare?
Sembrano lontanissimi i tempi quando Zucchero Fornaciari nel 1985 a Sanremo cantava che le donne:
negli occhi hanno gli aeroplani
per volare ad alta quota