Magazine Pari Opportunità
Anche a Foggia, che finisce sui giornali per la cronaca nera, per gli ultimi posti nelle classifiche per grado di vivibilità. Anche a foggia c'è la gente di qualità e ce nè tanta, per fortuna. E per fortuna non se ne sta chiusa in casa rassegnata, ma scende in piazza.
Ieri sono scesa in piazza con loro, con il mio cappotto rosso, con lo smalto rosso alle mani e con una sciarpa bianca. Sono scesa in piazza completamente schierata lo ammetto, ma non verso una parte politica, anche se la mia la faccio sempre presente, ma contro un modo di fare che da tempo sta sbriciolando ogni fondamento di rispetto.
Da tempo la comunicazione nel nostro paese è tutta basata sull’apparenza delle donne, come se le donne fossero semplicemente apparenza. Non c’è programma in cui un bel paio di cosce non facciano da contorno a qualcosa o campagna pubblicitaria in cui non ci sia uno sguardo ammiccante o un palese riferimento al sesso. Se non sei bella non sei niente. Ci hanno riempito la testa con questo messaggio, iniettandocelo per vie subliminali e traverse, spacciandocelo come emancipazione o segno dei tempi che cambiamo. Ne siamo così piene ed assuefatte da non renderci piu conto da che parte stiamo andando.
Ma la colpa non è delle gonne che si accorciano o dei tacchi che si alzano, le donne hanno diritto a mostrare la loro bellezza, ma nessuno ha diritto a farne merce di scambio. Il problema non è voler fare la velina, ma del cosa si è disposte a fare per fare la velina. Del come si è arrivati a pensare che è più normale alzare la gonna, e darla via, per poter sgambettare su di un bancone o peggio ancora per finire al parlamento, piuttosto che spendere fatica e sudore in scuole di danza o sui libri.
Fortuna ci siamo svegliate, fortuna ci siamo stancate e siamo scese in piazza.
Non sono scesa in piazza perché sono brutta e sono invidiosa. Onestamente potrei anche tirarmela, non sono nemmeno scesa in piazza per chiedere dimissioni, sono cosciente dell’attuale stato politico del nostro paese, che aimè, non può offrire nulla di meglio a al premier. Ma sono scesa in piazza per riprendermi il mio rispetto, quello che mi è mancato quando non mi hanno rinnovato il contratto di lavoro perchè incinta, quando mi sono ritrovata con una figlia piccola e senza soldi. Il rispetto che mi manca come madre ora, costretta a pagare un asilo para-statale perché non ci sono strutture statali a fronteggiare i miei bisogni. Il rispetto che mi manca, quando invio curriculum e non ricevo nessuna risposta. Il rispetto che mi viene a mancare quanto a fronte di tanti anni studio non ho un mercato del lavoro adeguato ad accogliere la mia offerta. E tutto intorno mi invita a provare ad alzare la gonna per superare qualsiasi ostacolo, ma anche no grazie, ho una dignità io.
Sono scesa in piazza per mia figlia, per poterle lasciare in eredità un futuro migliore. Non voglio verderlo come un utopia, ci voglio credere in un futuro migliore, e voglio fare qualcusa per realizzarlo e non stare solo a guardare. Perché un giorno non voglio sentirmi come i padri dei ragazzi egiziani che si sono fatti sparare addosso per inseguire un sogno, che si sono vergognati perche i loro figli hanno avuto più coraggio di loro che hanno taciuto trent’anni. In egitto hanno riscritto la storia in 20 giorni, a noi cosa manca per farlo? Io non voglio tacere, io voglio dire la mia e la voglio dire senza vendermi a nessuno, nella totale libertà di cui dispongo.
Perché quelle in piazza non erano truppe cammellate, ammaestrate per le prossime elezione. In piazza c’era la forza pulsante dell’Italia, quella che lavora, che studia, che manda avanti il paese e fa parlare con orgoglio del nostro paese all’estero.
A chi nella manifestazione diceva “se se e che Berlusconi sta a sentire a voi?” No, il premier forse non sentirà mai la mia voce, non leggerai mai questo post e forse non saprà mai nemmeno che sono esistita. Ma di certo ha sentito il rumore che la mia voce ha fatto unita a tutte quelle altre milioni di voci che erano in piazza ieri. Una manifestazione imponente, come non si vedeva da tempo, che ha unito gruppi di ogni estrazione ideologica, per chiedere una cosa fondamentale. RISPETTO.
Rispetto per la nostra intelligenza, che viene costantemente provata da dichiarazioni palesemente costruite e finte verità. Rispetto per i nostri bisogni messi in secondo piano, per raccontare di marchette ed escort. Come si può parlare tranquillamente di compensi milionari per delle notti di compagnia, quando parte del paese stenta ad arrivare a fine mese? È rispetto questo, per chi quotidianamente si alza all’alba, magari prende un treno disastrato, va a compiere il proprio dovere e non vede nemmeno la metà di tutti i soldi che si sbattono in prima pagina, vendendo il proprio corpo.
La misura è colma, ma non in altezza, in bassezza. I livelli raggiunti sono davvero comici, come la scelta di mettersi in mutande, per avvallare una condotta deplorevole di chi allo stato dovrebbe dare il buon esempio.
Non voglio fare la moralista, voglio solo dire che a una certa sarebbe ora di assumersi delle responsabilità, verso se stessi e verso gli altri e decidere di far virare la barca verso un orizzonte migliore.
Ieri abbiamo avuto la prova che la forza c’è per farlo, ora bisogna metterci impegno e volontà per non far dissolvere il tutto in una nuvola di fumo.
" La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo. La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso. La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare, questo rumore che rompe il silenzio, questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera. "
Song: Fiorella Mannoia - La storia siamo noi
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