Vorrei un paese che sa che le giovani donne, i loro progetti, la loro creatività, la capacità di innovazione, la loro crescita sono il futuro. Senza di loro il paese arretra e arretra anche il presente. Perché è il paese che non vede il futuro e non riconosce il lavoro e che non riconosce quel lavoro invisibile che pure tutte noi rappresentiamo ogni giorno.
Vorrei che guardassimo con rispetto quella donna che cura la nostra vita, che qualche volta assiste la nostra morte. È una lavoratrice, rispettiamo il suo abito, che non è una divisa da fantasie malate di un potente.
Vorrei che la giustizia ci fosse per tutti e per tutti fosse uguale.
Vorrei che quando si pensa a una minorenne ci venisse in mente lo studio, il divertimento, la serenità, il progetto per il futuro e non il consumo.
Vorrei che chi ieri da altre piazze diceva che siamo puritane ricordasse i divieti che ha voluto imporci, quelli alla fecondazione assistita, quelli alla pillola del giorno dopo. Ma di che libertà parla? Di quella dei potenti o della nostra?
Vorrei che chi lavora con il proprio corpo sia rispettata e abbia dei diritti e vorrei che si pensasse a loro per cancellare la tratta e la schiavitù.
Vorrei che quando si dice sesso si parlasse di una relazione tra pari e non di un incarico politico.
Vorrei un paese con una sola morale, perché quella doppia, quella che vediamo quotidianamente, offende e nasconde la nostra dignità.
Vorrei che libertà, democrazia, sesso, donna, giustizia, futuro, fossero di nuovo delle parole sane, con il loro significato, che fossero ogni giorno la bussola che abbiamo.
Il futuro è nostro e dovranno capirlo.
Susanna Camusso